Per comprendere il “deforme” dobbiamo prima recuperare l’idea del brutto,soprattutto nell’arte,geneticamente considerato come mostruoso. Secondo l’opinione di Remo Bodei, il brutto è sempre stato considerato come l’ombra del bello,il falso e il cattivo, una mancanza, un’assenza di bontà e di splendore.
L’ideale della femminilità greco-romana valorizzava le curve dei fianchi e le proporzioni tra le parti superiori e inferiori,in linea con l’ideale dell’epoca del corpo atletico, plastico e fiero. Nel nudo gotico,invece la curva principale era quella del bacino, i seni erano ridotti e vi era una sproporzione tra la parte superire e quella inferiore del corpo,le gambe restano immobili,parallele,in assenza assoluta di movimento, senza avere nessuna traccia di sensualità nella figura raffigurata. Nella tradizione greca,per Platone e Plotino il brutto era un “non essere” e quindi in una statua neoplatonica c’era grazia.
Nell’età moderna,si scopriva che la bellezza non era misurabile,il “brutto” cominciava a essere recepito come qualcosa che esisteva in natura,mentre nell’Ottocento l’arte si presentava come una caduta nel quotidiano fino a diventare mostruosità. Tutta l’atre moderna produceva opere in cui dominava la deformazione delle figure,rovesciando i canoni tradizionali del bello, il quale non produceva nessuna emozione, poiché il brutto era diventato la vera bellezza.
Tra gli esempi artistici di deformazione del corpo voglio citare la “Venere di Willendorf", ( riallacciandomi al laboratorio n.13 bis Arte e Disabilità), una statuina che risale al paleolitico,la quale presenta fianchi abbondanti e natiche prominenti ed è stata considerata da alcuni come la prima rappresentazione dell’obesità. L’obesità rimane strettamente associata ai concetti di buona salute e ai canoni di bellezza dell’epoca, infatti la bellezza in passato,così come nell’età moderna era associata al successo, alla forza, all’autorealizzazione ed è per questo che i canoni di bellezza variano nel corso del tempo con il variare dei significati attribuiti al successo. Nelle società antiche, caratterizzate da una certa scarsità di risorse vigevano canoni di bellezza che esaltavano l’opulenza, la salute, l’obbedienza perché rappresentavano l’appartenenza a un ceto sociale elevato. Oggi,paradossalmente in una sociètà dove i problemi di sopravvivenza sono stati risolti da tempo, dove ci troviamo a confrontarci con problemi di “eccessiva opulenza”, dominano canoni di bellezza, che enfatizzano la magrezza, la forma fisica asciutta priva di grasso e quindi in tal contesto il successo è associato alla capacità di resistere alla tentazione dell’eccesso e del consumo.
Un altro esempio che ho trovato di deformazione del corpo è il dipinto di Pierre Auguste Renoir “LE BAGNANTI”(1919),in cui la figura femminile era assai desiderabile. Nel dipinto le due modelle distese in primo piano e le tre bagnanti che si intravedono giocare sul fondo della composizione hanno posato nel gran giardino di ulivi,dimora che il pittore possedeva nel sud della Francia.Il paesaggio si riallaccia alla tradizione classica dell’Italia e della Grecia “quando la terra era il paradiso degli dei” e questa visione idilliaca è caratterizzata dalla sensualità dei modelli,la ricchezza dei colori e la pienezza delle forme. Le opere di Renoir, di corrente impressionista,erano piene di colore e scintillanti di luce e si notava una forte predilezione per il nudo,ma soprattutto dipinti riguardanti corpi femminili ben in carne.
La deformazione del corpo è anche oggetto di uno studio psicoanalitico sull’evoluzione delle forme e deformazioni del corpo umano nella storia dell’arte. Un programma originale è il “Progetto Morf-Art”, che ha studiato reciproche influenze tra società, correnti di pensiero,correnti artistiche e si occupa di prevenire i disturbi alimentari e i sintomi corporei attraverso conferenze e corsi. Studia le affinità tra l’arte informale e la clinica dell’informale (anoressia, bulimia, obesità) e le evoluzioni della rappresentazione del corpo femminile nella storia dell’arte. Oggi, purtroppo i mass media si fanno messaggeri dell’imperativo che vede nella materia corporea quasi un obbligo sociale verso la salute e il benessere fisico. In molti hanno pensato ad un collegamento tra mente e corpo, tra la nostra parte fisica e la sfera emotiva,infatti anche Rosi Braidotti collega il corpo a qualcosa di immateriale, poiché ritiene che non esista un corpo slegato dalla mente e dalla sua struttura emotiva che possa determinare forma e salute. Ella ritiene che la rovina contemporanea sia presente perché il cibo è visto come consumo,a causa dell’estrema opulenza delle immagini,le supermodelle diventano umane nei cartelloni pubblicitari,mentre anoressia e bulimia rappresentano il vuoto ed è per questo che suggerisce di pensare alle ricche tavole piene di cibo di un tempo. Il problema che riscontra la Briadotti è che alla fine dai due lati del mondo, “SI MUORE PER LA STESSA MALATTIA:LA FAME”, per mancanza o per eccesso.
L’eccessiva attenzione dei mass media vuole ovviare alle cattive abitudini alimentari, in particolare all’obesità, all’anoressia, alla bulimia, ma nello stesso tempo sono proprio i mezzi di comunicazione che favoriscono una campagna pubblicitaria che incoraggia queste patologie. La televisione fornisce un’informazione scorretta a proposito di cibo e cucina e i telespettatori sono spinti a provare gli stessi cibi consigliati,infatti già Karl Popper ne parlava nel 1994 nel testo “CATTIVA MAESTRA TELEVISIONE”,mettendo in risalto l’esigenza di una patente per fare televisione e di una mediazione adulto/bambino nel filtrare i contenuti. Il rischio più preoccupante è che il loro rapporto con i media li renda sempre più incapaci di rapportarsi direttamente con gli altri,allontanandoli sempre più dalla comunicazione tradizionale. Oggi è possibile la cosiddetta”media literacy”, che espande il concetto base dell’educazione a tutte le forme di comunicazione,e aiuta a comprendere,analizzare e valutare le immagini. La dieta mediale dovrà insegnare che l’uso della televisione non è solo un modo per riempire il tempo libero,poiché esistono tante altre attività e quindi durante la visione, i genitori devono accompagnare la comprensione dei contenuti, aiutando i ragazzi a decodificare i messaggi spesso ricchi di ambiguità e stereotipi. Anche perché fonti come riviste, radio, televisione sono sempre più concentrate sul mondo dell’apparenza e l’esteriorità, infatti i protagonisti delle pubblicità sono modelle e personaggi dello spettacolo che forniscono modelli estetici spesso irrealizzabili,glorificando la magrezza, mentre considerando la corposità come non-salutare,creando un vero e proprio fenomeno di stigmatizzazione.
Il corpo perfetto è diventato così l’ideale di riferimento e un modo fondamentale per emergere nella vita e questo è soprattutto colpa dei media,che illudono le persone facendole aderire necessariamente a quel canone per avere successo e per essere apprezzati. La bellezza quindi è intesa come principale obiettivo nella vita di una donna; la magrezza è cruciale per raggiungere il successo e il benessere, l’immagine è sostanziale; il grasso dimostra di essere deboli; una donna vincente può rinnovarsi attraverso la moda.
Nei paesi occidentali è onnipresente la pressione sulla magrezza, ormai legata alla bellezza,infatti oggi l’ideale corporeo impresso ogni giorno nei nostri cervelli a causa dei media è quello denutrito delle top model e tutto questo fa sì che il sovrappeso sta diventando un problema di salute pubblica sempre più allarmante. Ad ogni modo occorre scoraggiare i media ad usare modelle e attrici,poiché potrebbe diminuire l’insoddisfazione corporea e una riduzione dei disturbi alimentari.
Un grande studioso che si è interessato dei mezzi di comunicazione di massa è Marshall McLuhan, il quale riteneva che la tecnologia era diventata un estensione del corpo (qui, mi collego al laboratorio n.12 Tecnologie Estensive).
Mc Luhan era un esponente della scuola di Toronto, la quale aveva come presupposto che “lo studio dei media e delle tecnologie doveva restare ancorato all’analisi dei sensi”, quindi la mediazione tecnologica viene osservata dall’impatto percettivo dei media, che si connotano come ARTEFATTI COGNITIVI.
I media, dunque, non sono né buoni, né cattivi, né neutri ma fungono da interfaccia attiva tra gli uomini e il loro ambiente, modellano le dinamiche percettive che permettono di conoscere il mondo e specificano particolari relazioni all’interno della società.
Il contributo di McLuhan rientra in una semplice critica nei confronti del sistema massmediatico e con lui si è scelto di osservare i media dall’interno, partendo dall’analisi della loro natura profonda. Più precisamente, con il suo contributo si è orientato a comprendere non quali effetti producono i media, ma come questi effetti si producono all’interno della rete comunicativa nella quale gli artefatti si collocano. Inoltre, il primo lavoro di McLuhan è stato la “Galassia Gutenberg”, nel quale sottolinea per la prima volta l’importanza dei mass media nella nostra storia; nel “Gli strumenti del comunicare”, negli anni Sessanta, dichiarava che ogni invenzione o tecnologia è un’estensione del nostro corpo, fatto che determina nuovi rapporti o nuovi equilibri.
La frase più nota di McLuhan è: “ Il mezzo / medium è il messaggio “, cioè afferma che la stampa ha avuto un grande impatto nella storia occidentale e quindi qualsiasi tecnologia costituisce un medium, che è un’estensione e potenziamento delle facoltà umane. Il medium è il messaggio perché è un’estensione corporea che agisce sulle funzioni senso-motorie, alterando l’interazione tra individui e ambiente.
McLuhan e la Scuola di Toronto, trattano la distinzione tra Tecnologia e Media in maniera sfumata, infatti McLuhan, ritiene che non fa alcuna differenza se si considerano come artefatti o media oggetti di tipo Hardware come tazze, radio, computer; o cose di natura Software, come le teorie, leggi della scienza, poiché esse vengono a cadere.
La conoscenza non è definita un meccanismo mentale astratto,ma è intesa come azione situata e strettamente dipendente dalla corporeità.
La cognizione è considerata come un’azione incarnata e situata, cioè il frutto di un compatto mente-corpo che agisce in un particolare ambiente. Conoscere è enazione, quindi produzione di un mondo attraverso il processo stesso del vivere, infatti l’autore descrive la natura dei media come penetrante e pervasiva, dicendo che i media ci violentano completamente, evocando rapporti tra senso e percezione, ma quando questi rapporti cambiano anche gli uomini si modificano.
McLuhan parla di" VILLAGGIO GLOBALE” che oltre ad un testo è un metaforico ossimoro ed egli lo usa per indicare come con l’evoluzione dei mezzi di comunicazione a partire dal satellite, le comunicazioni sono diventate in tempo reale anche a grande distanza, e di conseguenza il mondo sembra diventato piccolo assumendo comportamenti tipici di un villaggio. La tecnologia elettronica è diventata un’estensione dei nostri sensi, particolarmente la vista e l’udito, quindi le nuove forme di comunicazione, come radio e televisione hanno trasformato il globo in uno spazio fisicamente molto più contratto di un tempo, dove il movimento di informazione è istantaneo. McLuhan ha descritto l’adattamento degli uomini agli artefatti come un processo automatico, dicendo che gli artefatti agiscono direttamente sugli uomini, ad esempio egli ha ribadito più volte che l’avvento della scrittura ha esteso la vista e indebolito il tatto, l’udito e tutti gli altri sensi e che la scrittura avrebbe fornito agli uomini i mezzi per reprimere i propri sentimenti e le proprie emozioni quando sono impegnati in un’azione. McLuhan utilizza le metafore dell’impatto e delle protesi per spiegare i media, quindi l’impatto dei media si specifica come una perturbazione alla quale l’individuo reagisce, modificando sé stesso, le proprie abitudini e quindi le tecnologie non determinano un impatto, ma innescano un effetto.
Anche le metafore delle estensioni e delle protesi, possono essere rivedute, infatti possiamo prendere in considerazione una nuova metafora anche grazie O. Longo, che spiega la reazione degli individui alle tecnologie, come un processo di assuefazione, nel senso che l’ individuo reagisce alle perturbazioni di un artefatto, grazie a delle variabili, che si modificano per garantire l’equilibrio, il quale una volta raggiunto, le informazioni diventano abitudini, poiché il soggetto ha incorporato nuove conoscenze e quindi si è assuefatto.
Il medium, è inserito in una catena co-evolutiva, in cui non solo vengono determinati contenuti, oggetti e relazioni, ma si genera il dominio di esistenza degli individui, inteso come quello spazio cognitivo e relazionale, in cui un individuo mantenendo la propria organizzazione, interagisce con l’ambiente e vi si adatta, specificando il proprio agire e il proprio conoscere.
McLuhan, utilizza le metafore delle figure e dello sfondo per spigare il rapporto tra artefatti e descrizioni: le figure sono elementi di un ambiente e diventano aree di attenzione emergendo da uno sfondo.
Le tecnologie, incidono sul rapporto figura /sfondo, perché condizionano le modalità di prestare attenzione, aggiungendo particolari domini descrittivi della realtà.
Qualsiasi tecnologia può essere rapportata a particolari scenari descrittivi e sociali.
È sempre possibile individuare una correlazione lineare tra mediazione tecnologica, descrizione del mondo e struttura della società, quindi la società viene trattata come un’entità informe e facilmente plasmabile.
Possiamo dire che la storia degli uomini è un continuo adattamento agli oggetti che compongono il loro ambiente, è la storia dell’evoluzione uomo/artefatto.
La tecnologia secondo l’autore non ha tanto come funzione quella di modellare l’organizzazione della società, ma quanto di rendere il mondo accessibile, infatti i media della comunicazione permettono la diffusione di idee, di concetti e rappresentano le modalità di ricostruzione dell’ambiente, facendo sì che il mondo possa essere riordinato.
Importante sono le “leggi dei media”, uno dei lavori di McLuhan per analizzare i collegamenti fra i media e le quattro leggi sono : ESTENSIONE, CHIUSURA, RECUPERO, CAPOVOLGIMENTO. Il lavoro di McLuhan è un riferimento per gli studi mediologici, quindi è un tassello fondamentale per lo studio dei media e la tecnologia, ma da un’altra parte indica che anche la mediologia potrebbe essere considerata uno degli ambiti importanti per un’analisi dei fenomeni sociali.
Come McLuhan ha affermato precedentemente:”tutti i media ci violentano completamente”,mi riallaccio al caso di “TWIGGY”.
Negli anni 60,appare per la prima volta “il volto di Twiggy”(legnetto),modella,attrice e cantante londinese,nota per la sua figura magra da preadolescente. Ella diventa famosa a 17 anni,quando gli affidarono alla sua immagine il lancio della minigonna. Da quel momento tutte le riviste di moda iniziarono ad adattare le immagini delle proprie modelle a canoni sempre più simili a quelli di Twiggy.
Il ruolo dei media e delle immagini è apparso evidente in uno studio fatto sulle isole Fiji,dove prima della comparsa della televisione non c’erano attenzioni rivolte al peso e all’immagine,mentre con la comparsa dei media si sono manifestati i primi disturbi legati all’immagine corporea.
I disturbi del comportamento alimentare vanno dal rifiuto del cibo,alle abbuffate,dove vengono introdotti una grande quantità di alimenti. Spesso si fa ricorso alle diete alimentari dimagranti e se questi martellanti inviti vengono raccolti da soggetti insoddisfatti di sé possono rendere ossessivo ed esagerato il controllo sul loro peso e sul cibo. L’ età maggiormente a rischio si colloca nel periodo adolescenziale giovanile(15-25 anni).
Il cibo viene considerato cultura quando viene prodotto,quando si prepara,ma soprattutto il cibo è cultura quando si consuma. Le adolescenti in particolare riferiscono di essere influenzate dai giornali sulla scelta del loro ideale di bellezza,infatti chi legge più riviste appare più incline a cominciare programmi di dieta o esercizio.
Nelle rappresentazioni della femminilità,la bellezza è associata all’idea che la donna abbia il dovere di coltivarla. Il corpo macchina è l’idea di associare al corpo umano,in particolare della donna,le stesse caratteristiche delle macchine,in relazione al potenziale produttivo del corpo che emette calore e energia.
Fatema Mernissi osserva che l’occidente è vittima della taglia 42,la perfetta per eccellenza e nel testo di Scheffer “what is beauty?” si vuole evidenziare nuove definizioni di bellezza che sono:donne bianche,magre,famose e quindi giovinezza e bellezza sono le caratteristiche che una donna deve continuare ad avere se vuole rimanere in televisione. Remaury, nel testo “il gentil sesso debole” dice che siamo orientati verso una corsa alla perfezione:giovinezza,bellezza,salute. Il “corpo trasfigurato” è legato all’immagine della perfezione corporea; il “corpo esatto” il quale compie progressi verso la perfezione grazie alla scienza; e il “corpo liberato, lo è dalla malattia,dal peso, obbligatoriamente perfetto.
Il testo di Lipovetsky “La terza donna” nasconde la sua sottomissione ai modelli dominanti:dalla malattia cioè sano,dal peso cioè magro,dal tempo cioè giovane,quindi conduce la donna verso il corpo perfetto dove ci sono valori di eterna giovinezza,bellezza e salute totale.
Secondo quanto descrive Lipovetsky, nel suo testo, si è raggiunta un’apparente acquisizione di grazia,dove l’obiettivo è simbolicamente la conquista dell’eterna giovinezza.
Il tema della magrezza come deforme, ci fa capire che non necessariamente è sinonimo di bellezza, poiché le modelle anoressiche rappresentano un prototipo di bello che diventa mostruoso. Un esempio di modella anoressica è Kate Moss,un corpo senza carne,senza forme,deformato per difetto,rispetto ai canoni della femminilità classica e lontano dal canone della maternità, quindi è il “femminile mancante”deformante, dalle forma dis-umane.
“NESSUNO CHE SIA SCHIAVO DEL PROPRIO CORPO E’ LIBERO” (Seneca)
A tal proposito mi voglio collegare al testo “MADRI MOSTRI E MACCHINE”di Rosy Braidotti, il quale si interroga sulle modalità di iscrizione del corpo femminile, a volte confuso della discorsività postmoderna. Ella ritiene che l’analisi che porta il femminismo ad assumere una visione della corporeità “scardinata e disordinata” rischierebbe di macchiarsi di autorefenzialismo, se non guardasse a realtà oltre il femminismo. Ciò che accomuna tutte le diversità è la distanza di quei corpi dalla normalità, cioè il loro essere stati visti da sempre come mostruosi, come deformi rispetto alla norma che rappresenta il grado zero della mostruosità. Secondo lei, la donna capace com’è di deformare il proprio corpo nella maternità diventa nell’immaginario maschile qualcosa di orribile:mostro e madre contemporaneamente ed è per questo che la Braidotti ritiene che creare un legame tra femminismo e tecnologia, di giocare con l’idea di un corpo macchina è un rischio che non dà alle donne la certezza di uscire vincitrici. Chi erano i mostri?Il termine “Mostro”, indica esseri umani nati con malformazioni congenite dell’organismo corporeo,essi rappresentano anche l’intermedio, l’ibrido,come si evince dal significato della parola dal greco “teras” che significa allo stesso tempo orribile e meraviglioso.Il mostro è l’incarnazione della differenza dalla norma dell’uomo-base:è un deviante,un a-normale,è abnorme. Rosi Braidotti, in tutto ciò ci vuole far capire come la cultura occidentale stigmatizzi come segno di negatività la fondamentale differenza corporea tra uomo e donna: “la donna/madre è mostruosa per eccesso,quindi resta indiscussa la validità del tema di fondo: nel mostro risiede la paura del diverso,dell’altro, dell’anomalo e quindi del non –umano.
A proposito del diverso mi voglio riallacciare a due termini “diversità e disabilità” del testo (”NOZIONE INTRODUTTIVE”).
Partendo dalla nozione di disabile,il quale è una persona che è impossibilitata a svolgere le normali attività della vita quotidiana;è un individuo affetto da disfunzioni motorie o cognitive,ma il disabile è anche ciò che gli altri pensano di lui;è una persona caratterizzata dalla mancanza di una o più abilità.
La disabilità può essere una condizione temporanea ossia: TRANSITORIA, PERMANENTE, REGRESSIVA, PROGRESSIVA, per cui la disabilità può essere anche una indisposizione momentanea, dovuta ad esempio ad un incidente, il quale impedisce le normali azioni quotidiane.
Nei confronti della persona con disabiltà si tende ad assumere un atteggiamento e uno sguardo di pietismo,quindi diventa un’etichetta,per cui si parla “del disabile,del paraplegico,del sordo ecc.
Il disabile è un soggetto con disturbi fisici o psichici,che spesso scopre il suo disagio stando a contatto con persone normodotate,anche se esistono persone con disabilità che non si sentono tali,infatti riescono a compiere qualsiasi tipo di attività,grazie anche al superamento delle barriere, alle tecnologie.
Il termine disabile dichiara solo che a un individuo mancano delle competenze,senza considerare che egli possiede anche delle abilità,ma soprattutto ha una propria identità,anche se spesso i disabili sono invisibili e quindi ricordiamo “che la disabilità non è un mondo a parte,ma una parte del mondo”.
Tutto ciò che è diverso e che non si conosce di solito può far paura,quindi il disabile fa paura perché è diverso da noi e di conseguenza la diversità è concepita come “non normalità”.
La diversità in qualsiasi forma porta alla categorizzazione,cioè alla collocazione di alcune persone in determinate categorie e questi meccanismi di esclusione inducono le persone “vittime” ad interiorizzare sentimenti di inferiorità,che possono portare all’autoesclusione. Diverso può essere una persona non affetta da menomazione fisica o psichica,ma che semplicemente è diverso da noi,si pensi allo straniero,quindi una persona diversa per lingua,cultura,costume.
Il diverso non sceglie di esserlo,ma viene etichettato dalla società,il diverso è spesso il “mostro”,il diverso è lontano da noi,non lo capiamo quasi sempre perché non ci proviamo neanche,per il diverso proviamo vergogna,compassione,spesso ci giriamo dall’altra parte per non guardare,magari sconvolti da una fisicità,senza sapere che siamo noi stessi “diversi” da prima con le nostre esperienze.
Il sentimento di diversità si accompagna solitamente alla sensazione spiacevole di essere ALTRO, di non appartenere al proprio gruppo di riferimento,ma bisogna ricordarsi che ogni individuo è specifico nella sua unicità.
“RICORDA SEMPRE CHE SEI UNICO,ESATTAMENTE COME TUTTI GLI ALTRI”(anonimo)
Fonti:
Floriana Briganti, NOZIONI INTRODUTTIVE DI PEDAGOGIA DELLA DISABILITA’ le potenzialità della Resilienza.( Cap5) edizioni MANNA.
Floriana Briganti, CORPO TECNOLOGIE E DISABILITA’ le tecnologie integrative, invasive ed estensive.(Cap 2 par.1) edizioni MANNA.
Articolo “ LA MEDIAZIONE TECNOLOGICA OLTRE MCLUHAN”. Artefatti, individui, descrizioni del sociale. Di GIULIA Caramaschi. (Area docente De Sanctis)