Pedagogia della disabilità 2010-11

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Pedagogia della disabilità 2010-11

Stanza di collaborazione della classe del corso di Pedagogia della disabilità (tit. O. De Sanctis) a cura di Floriana Briganti a.a. 2010-11 periodo marzo-maggio 2011


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    SINTESI ULTIMO ESERCIZIO

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    SINTESI ULTIMO ESERCIZIO  - Pagina 5 Empty Re: SINTESI ULTIMO ESERCIZIO

    Messaggio  MartinaRitaIzzo Mer Mag 18, 2011 8:01 am

    Come argomento da portare ho scelto la DEMATERIALIZZAZIONE e mi soffermo in particolare su Mc Luhan, come laboratori ho scelto L’avatar e Oscar Pistorius.


    Nel corso della storia il corpo è sempre stato soggetto a delle modifiche, sia sull’aspetto biologico e sia sull’aspetto tecnologico. Sono molte le occasioni nella vita di tutti i giorni in cui è possibile soffermarsi a riflettere su come e quanto la tecnologia stia modificando il corpo umano e stia trasformando molte delle azioni che si eseguono quotidianamente ed influenzando il corpo sugli aspetti psicologici, fisici e culturale. La tecnologia entra in relazione con il corpo quando rappresenta un’estensione delle sue capacità “naturali”, sia in senso astratto e sia in senso fisico. Vengono proposte tre tipi di tecnologie:
    -tecnologie integrative
    -tecnologie estensive
    -tecnologie invasive
    Le tecnologie integrative sono usate come un completamento di un organo o una parte del corpo mancante e nel campo della disabilità, la tecnologia, si presenta sotto forma di protesi come integrazione di una menomazione. Si pensi al famoso caso dell’atleta Oscar Pistorius che a causa di una malattia che ha contratto in tenera età è stato costretto all’amputazione di entrambi gli arti inferiori. Grazie alla tecnologia è potuto diventare un grande atleta utilizzando delle protesi in fibra di carbonio che si chiamano flex foot.
    La tecnologia è invasiva quando è intesa come una invasione del corpo umano. Il corpo diventa terreno per le nuove sperimentazioni, protagonista del nuovo modo di essere e di comunicare.
    La tecnologia è estensiva quando è intesa come ampliamento del corpo; lo affermava anche Herbert Marshall McLuhan, sociologo canadese, che ha svolto numerosi studi sui mezzi di comunicazione di massa.
    La fama di McLuhan è legata alla sua interpretazione visionaria degli effetti prodotti dalla comunicazione sia sulla società nel suo complesso e sia sul comportamento dei singoli. Egli sostiene che il mezzo tecnologico, che determina i caratteri strutturali della comunicazione, produce effetti pervasivi sull’immaginario collettivo indipendentemente dai contenuti dell’informazione. Tra i suoi testi ricordiamo “La Galassia Gutenberg” dove sottolinea per la prima volta l’importanza dei mass media nella storia umana. “Gli strumenti del comunicare” dove dichiara che ogni invenzione o tecnologia è un’estensione del nostro corpo, inoltre afferma che è importante studiare i media non tanto in base ai contenuti che veicolano ma in base ai criteri strutturali con cui organizziamo la comunicazione, quindi si passa a studiare non solo i media di massa. Da questo testo deriva la sua frase più nota “Il medium è il messaggio” che significa che qualsiasi tecnologia costituisce un medium nel senso che è un’estensione ed un potenziamento delle facoltà umane, e in quanto tale genera un messaggio che retroagisce con i messaggi dei media già esistenti in un dato momento storico, rendendo complesso l’ambiente sociale, per cui è importante valutare l’impatto dei media a livello sociale e psicologico. McLuhan distingue i media da caldi e freddi affermando che i caldi sono quelli caratterizzati da un’alta definizione e da una scarsa partecipazione mentre i freddi sono quelli caratterizzati da una bassa definizione e un’alta partecipazione dell’utente.
    Infine c’è il “Villaggio Globale” che rappresenta un metaforico ossimoro che McLuhan utilizza per indicare come, con l’evoluzione dei mezzi di comunicazione, le comunicazioni sono diventate in tempo reale anche a grande distanza e il mondo sembra diventato piccolo assumendo comportamenti tipici di un villaggio. Oggi comunicare è diventato molto più semplice, possiamo relazionarci con gli altri tramite una chiamata sul cellulare o un sms, oppure tramite internet e le numerose chat presenti.

    Il villaggio globale può essere rappresentato oggi con le chat che esistono su internet come facebook, twitter ecce cc che permettono agli uomini di comunicare fra loro nello stesso momento ma in posti differenti. Oltre alle chat esistono anche altri strumenti tecnologici sono importanti nella vita di ogni persona, basta pensare al cellullare che ci permette di rimanere in contatto con una persona tramite una chiamata oppure un semplice sms. Come ogni cosa le nuove tecnologie hanno dei pro e dei contro. Io credo che va a mancare una vera e propria comunicazione tramite l’utilizzo di telefonini o internet, i mezzi di comunicazione presenti al momento nella nostra società non permettono di relazionarci direttamente con una persona, li ritengo quasi freddi, privi di personalità. Nelle nuove comunicazioni va a mancare la presenza del corpo che con il passare del tempo va a dematerializzarsi; infatti possiamo affermare che esiste la dematerializzazione perché il corpo, ad esempio nelle chat, viene sostituito da un corpo virtuale come l’avatar. Quando parliamo di avatar non facciamo riferimento alla figura del film AVATAR perché lì si tratta di un prodotto di laboratorio che rappresenta un clone conseguito da un gruppo di scienziati che tramite le caratteristiche genetiche di un uomo riescono a creare questo clone. L’avatar che esiste nella nostra società rappresenta il nostro clone all’interno del mondo virtuale che si manifesta tramite il personaggio di un videogioco, il nikname da chat. Il nostro avatar può avere un nome, un aspetto che creiamo noi che può essere simile a noi oppure no, e possiamo decidere di dargli la vita, di muoverlo ecce cc..
    Se queste tecnologie non vengono usate correttamente possono anche essere pericolose, basta pensare come sia aumentato il numero di ragazze che hanno ricevuto delle violenze tramite internet oppure tramite la conoscenza di persone in chat.
    Allo stesso tempo però grazie alle nuove tecnologie possiamo rimanere in contatto con persone che al momento sono lontane, abbiamo la possibilità di comunicare in maniera più veloce ed economica, possiamo sentire più persone nello stesso momento.
    Io non so se queste nuove tecnologie sono un vantaggio o uno svantaggio per tutti noi, una cosa è certa ormai l’uomo non riuscirebbe a vivere senza di esse perché sono diventate delle vere e proprie dipendenze. Io credo che la cosa importante sia effettuare un giusto utilizzo di questi nuovi strumenti cercando di non farne un abuso.
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    Messaggio  concetta di lillo Mer Mag 18, 2011 9:25 am

    Gentile Prof.ssa, come al solito il forum crea problemi a me ed io creo problemi a lei Smile Ho raggiunto il minimo di commenti da inserire, ergo non ho problemi per la prenotazione, ma mi preme ugualmente inserire gli ultimi due per la completezza del lavoro svolto con interesse e dedizione.Probabilmente a causa dei molti utenti o dei molti commenti inseriti (in vista dell'esame) nonostante io abbia inserito anche il 17 e il 18, non mi compaiono.Li inserisco qui (compreso quello del 10 come da lei richiesto) e li porterò stampati all'esame.Inizierò ad inserire solo il 10,aspettando una sua conferma per il 17 e 18.Spero non sia un problema.Attendo risposta per proseguire.E mi scusi ancora.


    Lezione N 10:
    Nella lezione del 11-04-11 la prof.ssa ci ha mostrato una serie di immagini che appunto avevano lo scopo di suscitare in noi delle reazioni per poi rifletterci su elaborando un nostro pensiero. Bhè possiamo dire che le immagini che piu ci hanno colpito sono quelle sul tema della bellezza. L'immagine dell'artista Botero rappresenta una donna corpulenta, mentre quella del fotografo Toscani ha immortalato la modella anoressica Isabella Caro.
    Il nostro intento è proprio quello di sottolineare come i due artisti vogliono inviarci lo stesso messaggio.
    Ovvero quello di non seguire dei canoni di bellezza assurdi imposti dalla moda che esaltano la magrezza oltre limite. Canoni che molto spesso possono portare come nel caso della modella Isabella all'anoressia, e questo è davvero molto triste perchè siamo noi a generare questo male. E' anche vero che molto spesso le cause dell' anoressia sono ben altre,non sono legate tutte alla bellezza, ma anche a fattori psicologici.Ma per soffermarci ancora sul tema della bellezza del mondo femminile, ci vengono da fare alcune considerzioni ovvero molte donne si creano problemi sul proprio aspetto e vogliono cambiarlo o migliararlo a tutti i costi, perchè non si accettano cosi come sono, si sentono inadeguate e non stanno bene con se stesse. Dire semplicemte che si dovrebbe accettarsi semplicemente cosi come si è non è facile da comprendere, perchè l'istinto di voler cambiare diventa piu forte della ragione, la cosa giusta sarebbe quella di avere coscienza di restare nei limiti. Tutti possiamo migliorare anche nel nostro aspetto, ma ci chiediamo perchè dover esagerare e finire per non mangiare??? Il consiglio che ci viene da dare è quello di non seguire quell'immaginario di bellezza per certi versi fasullo ma semplicemente di restare noi stesse, con le nostre abitudini alimentari, la nostra costituzione fisica, il nostro stile di vita e potremmo continuare all'infinito. Quindi non essere uguali alle modelle perchè non serve, ma cerchiamo invece di vederci belle per le nostre caratteristiche uniche, perchè la vera bellezza per noi è "l'unicità".
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    Messaggio  NoemiMaffia Mer Mag 18, 2011 9:43 am

    Buongiorno prof!!! volevo dirle io ho l'esame il 25 e mi sto preparando sull'ibridazione in generale e sulle riflessioni sull'artificile e facendo delle ricerche su internet ho trovato il libro di Giuseppe O. Longo "UOMO E TECNOLOGIA UNA SIMBIOSI PROBLEMATICA" posso parlarne??? aspetto una sua risposta cordiali saluti
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    SINTESI ULTIMO ESERCIZIO  - Pagina 5 Empty L'Integraziole Scolastica

    Messaggio  silvia Mer Mag 18, 2011 3:00 pm


    L'INTEGRAZIONE SCOLASTICA
    (articolo:Ianes e D'Alonzo-L'integrazione scolastica dal 1997al 2007).

    Incipit di questa mia riflessione sulla tematica dell'integrazione scolastica è assumere come punto di partenza che l'azione del curare non si riferisce solo al guarire dalla malattia. In particolare faccio riferimento ad Heidegger che distingue tra: cura inautentica, definita come il non curarsi degli altri quanto delle cose da procurar loro, e cura autentica, che invece apre agli altri la possibilità di trovare sé stessi, offrendo le condizioni, l’occasione di potersi prendere cura di sé. In tale accezione essa si configura come attività volta a promuovere il processo di crescita e a liberarlo da ostacoli che lo limitano, si indirizza a bisogni di adattamento, inserimento, realizzazione e integrazione sociale, è l’elemento caratterizzante la relazione d’aiuto. Cura quindi non significa guarire ma prendere in carico la persona in un agire che sia una progressiva emancipazione dei soggetti coinvolti volta alla realizzazione dell'uomo per ciò che è e per ciò che può diventare.
    Mi piace iniziare da qui per parlare dell'integrazione scolastica proprio perché penso che la struttura scolastica nella vita di un bambino con deficit, possa essere luogo di cura autentica, nell’accezione heideggeriana, la scuola può cioè diventare l'elemento rilevante di una vicenda di emancipazione, può diventare l'elemento indispensabile a una triangolazione (termine che ha una letteratura, e che significa apertura di una situazione di faccia a faccia difficilmente sostenibile, mediazione, capacità di strutturare un rapporto che consenta la dialettica aperta), può essere un elemento della vita del bambino e della famiglia che attui una reale “presa in carico”, ossia che assuma su di sé la responsabilità di programmare e gestire un intervento in modo intenzionale e strategico utilizzando strumenti e risorse adeguati per tentare di risolvere il problema che la persona in difficoltà non è in grado autonomamente di gestire. Ciò non significa sostituirsi ad essa, ma coinvolgerla sin dalla definizione del progetto ed accompagnarla nella realizzazione dello stesso.
    Bisogna ammettere che per tanti è davvero difficile vivere la crescita di un bambino in situazione di disagio accompagnandolo ad un progressivo riconoscimento reciproco, soprattutto se partiamo dal presupposto che vi sono handicap derivati da deficit e altri assai numerosi che derivano dalla miseria, dalla condizioni di marginalità, dalle violenze urbane e sub urbane. Circoscrivendo tuttavia la riflessione ai bambini e bambine “handicappati” per un deficit, vediamo che la reciprocità può essere difficile per tante ragioni, e quando le condizioni di reciprocità non si stabiliscono e non si sviluppano, quel bambino o quella bambina coinvolta nella situazione non apprende con la stessa tranquilla facilità: le sue conoscenze non si sviluppano come gli adulti si attendevano, in rapporto ad altri bambini e ad altre bambine, e la stessa crescita sembra compromessa. E,' in tale percorso, di fondamentale importanza quanto afferma la Murdaca in relazione alla necessità di una “ricostruzione di una nuova cultura della disabilità” che “chiami i bambini per nome”, che non generalizzi ma riconosca la persona nella sua unicità, una cultura, cioè che non “definisca nessuno per sottrazione” ma che sia centrata sulla valorizzazione del singolo riconosciuto nel suo essere persona, in una dimensione olistica, con il rispetto delle differenze e delle identità, che abbandoni l'ottica dell'inserimento e adottando l'ottica della globalità, rimoduli il termine integrazione dirigendosi verso l'inclusione. In tale percorso compito della scuola è ipotizzare itinerari educativo-didattici in cui attività di apprendimento e di socializzazione si intreccino secondo la logica di un continuum formativo; fondamentale è lavorare sulla socializzazione in modo che il bambino si senta parte della classe e non sia isolato fronte muro con un docente di fronte, l'insegnante di sostegno deve aiutare il bambino in un percorso che vada verso l'inclusione; ma altrettanto importante è la continuità che la realtà scolastica oggi purtroppo non garantisce.
    Per lungo tempo l'atteggiamento verso i soggetti con disabilità è stato di esclusione, negli anni 50 essi erano esclusi dalla scuola; si è poi affermato negli anni '60 un approccio medico che portava a focalizzare l'attenzione solo sulla malattia e quindi vedeva il disabile solo ed esclusivamente come malato da curare: per anni la persona con disabilità è stata vista solo come un soggetto da accudire, da assistere, concentrandosi sui suoi limiti ma ignorando le sue potenzialità. Dalla segregazione si è quindi passati alla protezione: anche questa tuttavia non risulta essere una strategia adeguata in quanto tende a coprire le carenze della società con quell'assistenzialismo che si traduce spesso in un atteggiamento di pietismo e di esclusione sociale.
    Successivamente si è assistito ad un lento cambiamento di mentalità e di diverso approccio alla tematica che portò all'affermarsi della logica dell'inserimento negli anni '70 e successivamente a parlare di integrazione negli anni '80. Pian piano si affermò l'idea che il soggetto disabile dovesse entrare a far parte del contesto sociale, ossia dovesse essere integrato. Tale cambiamento si evidenzia anche con l'utilizzo di un linguaggio diverso: infatti il termine “disabile” fu sostituito quello di diversabile, cambiamento terminologica che voleva sottolineare che il perno della vita di tali persone non era il deficit, la disabilità, ma la parte positiva valoriale che ciascuno possiede ed esprime nella sua dimensione affettiva, lavorativa, sociale, parte che va aiutata a venir fuori.
    Da un punto di vista legislativo primo importante passo fu segnato dalla legge 118/1971 che sanciva il principio secondo il quale per gli allievi in situazione di handicap “l'istruzione dell'obbligo deve avvenire in classi normali della scuola pubblica”: il nostro Paese “accettava una scommessa molto importante per la sua crescita civile, sociale, culturale, la scommessa dell'integrazione, nelle classi e nella scuola, di tutti i cittadini: si capì l'importanza di aprire le porte delle scuole ai disabili, perchè si riconobbe anche a costoro la dignità di persone nonostante il deficit fisico”. (Ianes e D'Alonzo: l'integrazione scolastica degli alunni con disabilità).
    Ma fu la successiva legge 517/77 (quadro normativo riservato alla scuola elementare e media) che segnò un salto di qualità sancendo l'inserimento degli alunni con disabilità nelle classi normali in modo concreto, abolendo le classi differenziali che per decenni erano state luoghi di segregazione, proponendo l'insegnante di sostegno come operatore scolastico e non sanitario, e ponendo le basi per una scuola aperta a tutti.
    La Legge 517/77: dà l’avvio a forme di integrazione degli alunni portatori di handicap; assicura l’ integrazione specialistica, il servizio psicopedagogico e forme particolari di sostegno, riconoscendo l’importanza di interventi educativi personalizzati: nascere disabile non avrebbe più voluto dire essere discriminato fin dall'infanzia. Nel giro di alcuni anni le scuole cominciarono ad accogliere anche coloro che per secoli erano stati rifiutati e ghettizzati: si capì che non bastava “inserire” ma era necessario “accogliere”. Si andò affermando il concetto di educazione come cambiamento e man mano si fece largo il concetto di integrazione: in questi decenni è profondamente cambiato il concetto stesso di handicap e quindi anche il modo di percepire le persone disabili; l'handicap è oggi inteso come una condizione di svantaggio conseguente ad una menomazione o ad un deficit, esso è quindi qualcosa di oggettivo, dipendente dalla situazione, dal rapporto tra deficit e contesto e pertanto può essere aumentato, ridotto, o anche annullato. Strettamente connesso a questo cambiamento del concetto di handicap è il concetto di integrazione sociale che va oltre il concetto di inserimento, legandosi invece al concetto di qualità della vita e di benessere.
    Questo cambiamento di prospettiva è pienamente espresso dalla Legge Quadro del 104/1992 “per l'assistenza, l'integrazione e i diritti delle persone con handicap”, il cui focus è proprio l’integrazione.
    Essa garantisce il diritto all’educazione del soggetto con handicap nelle sezioni della scuola materna, nelle classi comuni delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e nelle istituzioni universitarie ( art 12 della Costituzione). Tale legge rappresenta un chiaro esempio di avanguardia normativa che distingue l'Italia da tutti gli altri Paesi europei in materia di “integrazione scolastica”.
    Si afferma quindi anche dal punto di vista legislativo, “una prospettiva pedagogica inclusiva, la quale sorretta da una considerazione antropologica di valore, è stata capace di scardinare un sistema scolastico rigido, chiuso e monolitico e di accettare la scommessa dell’integrazione quale obiettivo pedagogico primario: il rispetto per la vita richiedeva l’assunzione di questo dato di fatto: il disabile è una persona e come tale necessita di rispetto e di educazione in contesti formativi normali; il valore della persona postulava non solo di essere affermato, ma di essere concretamente promosso da un contesto educativo in grado di offrire tutto ciò che la condizione di disabilità richiedeva e questo non poteva che essere l’ambiente scolastico normale” (Ianes e D'Alonzo- L'integrazione scolastica dal 1997 al 2007).
    E’ interessante approfondire la conoscenza del termine “integrazione” che etimologicamente rimanda a più significati: da un lato ha il senso di inserire una persona o un gruppo in un ambiente o in un contesto in modo che ne diventi parte organica; dall'altro significa anche “rendere qualcosa completo”, quindi completarsi divenendo parte integrante di un sistema. Assumendo questo secondo come significato più opportuno, appare evidente che il termine integrazione può riferirsi sia al soggetto da integrare, sia al contesto che integra a sé. Ciò lascia intendere come l'integrazione non costituisca un bisogno esclusivamente per chi è in situazione di disagio, ma anche per la società stessa. E' dunque possibile parlare di integrazione solo se si verifica un cambiamento in chi è da integrare e viene integrato e in chi si adopera per l'integrazione dell'altro, ossia se si produce una modificazione sia nella persona con disabilità sia nel contesto che si prepara ad accoglierla: l'integrazione, quindi, è realmente tale se è inter-attiva, laddove interattività vuol dire porre sullo stesso piano le due parti per un miglioramento reciproco. Non è concepibile pertanto lavorare esclusivamente per il cambiamento di chi è svantaggiato affinché possa integrarsi nel contesto sociale, ma occorre modificare anche quelle condizioni sociali che impediscono una reale integrazione.
    A tal proposito, partendo dal presupposto che per deficit si intende un elemento soggettivo ed irreversibile, mentre l'handicap rappresenta invece la condizione di svantaggio conseguente del deficit ed è quindi un elemento oggettivo in relazione ad una situazione sociale e culturale, si può affermare che l'handicap è in primo luogo un fenomeno sociale per cui, come sostiene Canevaro, è possibile“ridurre l'handicap, ma non il deficit” ed è su questo aspetto che bisogna lavorare perchè anche nelle situazioni di deficit molto gravi sarà possibile e necessario un intervento pedagogico che abbia come obiettivo l'emancipazione del soggetto, mirando a ridurre l'handicap e a favorirne un percorso di inclusione nel contesto socio-culturale che lo circonda, facilitandone le relazioni, superando l'ottica dell'inserimento propria degli decenni scorsi e la logica dell'accudimento; ma ciò è possibile solo se si produce una modificazione sia nel soggetto con deficit sia nel contesto che lo accoglie: l'integrazione è realmente tale se è inter-attiva, se porta alla modificazione di quelle condizioni sociali che impediscono la reale integrazione delle persone con deficit, essa è pertanto un processo continuo, una continua ricerca di strategie, soluzioni e nuove possibilità. Canevaro insiste sulla necessità di un'integrazione fra aspetti tecnici ed aspetti relazionali evidenziando criticamente i più comuni atteggiamenti manifestati nei confronti delle persone con disabilità, sia dalla gente comune sia degli specialisti in materia; tra questi egli punta il dito in particolare su quello della categorizzazione, ossia ridurre l'individuo con deficit al solo deficit, identificandolo con esso, facendogli assumere un'identità di categoria che non ci permette più di riconoscerne l'identità individuale, unica ed originale: la categorizzazione chiude la conoscenza e non lascia spazio per la scoperta del soggetto e dunque per un approccio “normale” fondato sulla globalità del suo essere persona.
    Lascioli nel testo “Handicap e pregiudizio” afferma che “l'handicap si esprime con atteggiamenti individuali e collettivi di emarginazione ed esclusione nei confronti dei diversi. Secondo lui pregiudizi e stereotipi farebbero dell'handicap qualcosa che serve per racchiudere i diversi in una sorta di cerchio chiuso, in uno scarto di umanità”, mentre la Murdaca evidenzia che “è il contesto sociale a determinare la condizione di handicap, sono gli ostacoli e le barriere fisiche, come quelle mentali e culturali a favorire il processo di esclusione oppure quello di emarginazione”. Dunque la società non accetta il diverso, il disabile, e ciò non solo con le barriere architettoniche, ma, come abbiamo visto attraverso le parole di Adele, anche e soprattutto con le barriere fisiche e culturali. In effetti a ben guardare, potremmo dire che le prime esistono in conseguenza delle seconde: sono cioè i limiti del modo di pensare di una società che portano a non accorgersi dei disagi di chi è più debole, o a non farsene carico come società civile perchè “il problema è di chi ce l'ha”; sono barriere come l'indifferenza, l'etichettamento, l'emarginazione che impediscono di lottare per eliminare quegli ostacoli affinchè tutti possano dirsi cittadini a pieno titolo; e questo l'abbiamo vissuto in maniera piuttosto chiara e forte proprio durante la simulazione sull'emarginazione: tali barriere culturali si manifestano attraverso atteggiamenti di chi guarda e giudica dal centro, dal suo punto di vista chiuso e privilegiato, attraverso l'indifferenza, attraverso una noncuranza per cui tutti i diversi diventano invisibili (problema della visibilità/invisibilità che Adele ha sottolineato con forza) e si concretizzano in azioni quali quelle di chi blocca lo scivolo o di chi non vuole l'ascensore idoneo nel proprio condominio, azioni generate da occhi miopi. L'handicap è quindi innanzitutto un fenomeno sociale e in relazione a ciò l'integrazione è un processo continuo, non un punto di arrivo, ma una continua ricerca di strategie idonee a far si che il disabile possa dirsi cittadino a pieno titolo.
    La Legge quadro sull’handicap n° 104/92 pone come obiettivo dell’integrazione lo sviluppo delle potenzialità della persona disabile nell’apprendimento, nelle relazioni e nella socializzazione. Educare quindi significa portare un "aiuto" allo sviluppo totale ed integrato della personalità di ognuno. Per fare ciò bisogna agire su tutte le dimensioni, le aree, le funzioni e sulla loro interazione, in modo che ciascuno raggiunga il massimo livello consentito dalle proprie condizioni genetiche. Se tale lavoro progressionale si caratterizza come estremamente complesso anche per il soggetto normodotato, a maggior ragione lo sarà nei confronti di coloro i quali, a causa di una limitazione, si allontanano dalla norma. Dunque è necessario dare al disabile la possibilità di crescere, e non si può crescere se non si ha la capacità di comunicare, cioè di stabilire un rapporto con gli altri. Occorre dare queste capacità utilizzando i mezzi più idonei in relazione con il tipo di handicap di cui il singolo è portatore. Per ottenere un tale risultato, è necessario mettere il disabile in contatto con il maggior numero possibile di persone e di gruppi sociali, affinché si arrivi al fine preposto. La vita di un individuo è " una costruzione semantica", l'intera realtà socio-educativa, e principalmente la scuola, deve aiutarlo a superare i condizionamenti che lo circondano e a vincere, per quanto possibile, i limiti di cui è portatore. L’integrazione scolastica delle persone disabili pone problemi specifici e, quindi, l’esigenza di trasformare i percorsi e le strategie educative. La normativa sottolinea l’importanza del coinvolgimento della famiglia nel processo educativo del bambino e della collaborazione tra scuola, Aziende Sanitarie ed Enti Locali. Queste istituzioni concorrono insieme a fornire le risorse umane, tecnologiche ed economiche, necessarie per garantire la maggiore integrazione possibile. Nella scuola il bambino entra in contatto con gli insegnanti e la rete educativa, in cui esistono regole e rapporti non ancora sperimentati, socializza, trova la possibilità di sviluppare e approfondire relazioni traversali con gli adulti e con i coetanei, in un nuovo contesto. La scuola diventa così un luogo di relazione tra le varie agenzie educative e tra le diverse persone che hanno preso in carico il soggetto disabile. La socializzazione del soggetto disabile, sia all’interno che all’esterno dell’ambiente scolastico, offre ulteriori opportunità formative capaci di motivare, orientare e sostenere l’apprendimento e le relazioni. C’è quindi una continuità tra funzione genitoriale e scolastica, una alleanza e una complementarietà che offre maggiori possibilità di sviluppo alle potenzialità di ciascun soggetto. Ogni bambino è unico ed irrepetibile, con un proprio stile cognitivo, strategia di apprendimento, forma espressiva e comunicativa. Quando si tratta di un bambino disabile l’unicità, quindi la diversità, è vissuta quasi esclusivamente nella sua accezione negativa. La sua diversità è, infatti, molto più difficilmente contenibile in un modello standard di essere e, soprattutto, di apparire. In generale le istituzioni reagiscono con difficoltà verso ciò che devia “dall’atteso comune”, perché richiede loro flessibilità, adattamento ed innovazione, tutte qualità che sono difficili da attuare nelle agenzie organizzate e da tempo strutturate.
    La meta essenziale dell'azione educativa è quella di favorire lo sviluppo della personalità umana: mezzi e contenuti scolastici devono pertanto considerarsi sempre ed in ogni caso strumenti rispetto al fine che è la crescita dell'alunno, di ogni alunno. Ciò vale per il bambino normodotato, ma vale, a maggior ragione, per il bambino disabile o svantaggiato che, più di ogni altro, ha diritto ad una scuola in cui siano assicurate le condizioni, culturali e psicologiche, per una crescita globale ed armoniosa. L'obiettivo dell'apprendimento non può mai essere disatteso e tanto meno sostituito da una semplice socializzazione "in presenza". Occorre, infatti, sottolineare l'importanza di mirare al raggiungimento di una reale integrazione e non ad un mero inserimento. La vera integrazione è un processo aperto di adattamento reciproco correlato con il riconoscimento e l'assunzione delle identità. La legge sottolinea l'importanza di una scuola che non solo istruisca ma offra ad ogni alunno l'occasione di realizzare le proprie potenzialità: solo così l'alunno diverrà un membro partecipe ed attivo della comunità sociale. Obiettivo di fondo della scuola è quello di aiutare il bambino in situazione di handicap a strutturare un'immagine di sé integrata e a riconoscere gradualmente le difficoltà legate alla disabilità per potervi convivere serenamente. A tal fine è indispensabile la predisposizione di una scuola aperta che all'interno promuova un clima di interazione e all'esterno intrecci collaborazioni con il territorio. La scuola “aperta” afferma Frabboni è la scuola dello stile sperimentale, la scuola dei laboratori, la scuola delle aule decentrate.
    Ianes, mette invece l'accento innanzitutto sulla conoscenza dell'alunno: è impensabile una buona didattica speciale per integrazione se non conosciamo bene il funzionamento e le caratteristiche di apprendimento e di relazioni emotive dell'alunno. Un primo ambito è dunque quello di approfondire anche attraverso la diagnosi funzionale partecipata della scuola la conoscenza del funzionamento dell'alunno. Proprio in relazione alla conoscenza è fondamentale il riferimento all’ICF, strumento dell'OMS che consente di approfondire sempre meglio le conoscenze dell'alunno perchè non classifica solo condizioni di salute, malattie, disordini o traumi, che sono d'interesse dell'ICD, bensì le conseguenze associate alle condizioni di salute, ponendo l'accento sulla qualità di vita delle persone e sul concetto di benessere. Ianes ci dice che è questa la prima scommessa metodologica fondamentale: fare una buona didattica speciale per l'integrazione approfondendo una buona conoscenza dell'alunno, competenza fondamentale è proprio approfondire nel dettaglio il come un bambino con BES funziona; alcuni bambini hanno bisogni educativi particolari (ad esempio nel caso dell’autismo) altri meno particolari ma non per questo meno complessi (ad esempio nel caso del DDAI); proprio queste sono, secondo Ianes, le motivazioni che rendono indispensabile l’investire risorse e competenze sulla conoscenza, che non può prescindere dalla capacità da parte del docente di instaurare una relazione educativa significativa, che consenta all'insegnante di prendere in considerazione la diversa situazione e mettere in atto programmi mirati su un piano di pari opportunità con i normodotati che consentano di valorizzare doti e potenzialità.
    Altro elemento importante è quello che Ianes chiama la "speciale normalità": ossia rendere la normalità, intesa come il quadro delle relazioni, della didattica, dello stare a scuola col gruppo di riferimento, come l’insieme che accoglie, che dà identità che dà senso di appartenenza, speciale, cioè ricca di elementi tecnici in grado di rispondere adeguatamente ai bisogni. Ed è proprio in quest’ottica, che egli parla dell’importanza delle competenze ma anche delle risorse, quali caratteristica di una scuola che voglia davvero essere inclusiva.
    In questo cammino, Ianes sostiene che l'uso dellle tecnologie innovative sia in grado di facilitare processi positivi di tipo inclusivo attraverso ausilii che entrano nell'ambito delle tecnologie integrative, ove la tecnologia è appunto utilizzata come sostegno. In questo senso l'ausilio è l'apparecchiatura che consente di attivare o potenziare un percorso di autonomia possibile. L'uso di tali tecnologie con i disabili, come ad esempio il computer, a scuola può contribuire a favorire una buona comunicazione alunno-docente, accrescere l'autostima, rinforzare il senso di sicurezza, stimolare una maggiore motivazione allo studio.
    Alcune tecnologie sono appositamente studiate per bisogni specifici: un approccio specifico utilizzato con i bambini autistici è, ad esempio, quello della Comunicazione Aumentativa e Alternativa (C.A.A.), espressione questa, usata per descrivere tutte le modalità di comunicazione che possono facilitare e migliorare la comunicazione di tutte le persone che hanno difficoltà ad utilizzare i più comuni canali comunicativi, soprattutto il linguaggio orale e la scrittura; essa si definisce aumentativa perché non sostituisce ma incrementa le possibilità comunicative naturali della persona; alternativa perché utilizza modalità di comunicazione alternative e diverse da quelle tradizionali. Essa permette sostanzialmente al bambino di comunicare con le immagini attraverso particolari ausilii, ne è un esempio il Minimò, computerinio portatile dotato di touch screen, esso è un supporto visivo associato alla parola in grado di aiutare il bambino autistico nella comunicazione.
    Altre tecnologie invece sono utilizzabili con l'intero gruppo classe. Ianes in particolare fa riferimento all’uso della Lavagna Interattiva Multimediale (LIM), di cui sottolinea l'importanza dell'approccio didattico generale, sul piano cioè dell’innovazione profonda del modo di gestire in aula, con tutti gli alunni, i processi di insegnamento-apprendimento e di knowledge management. E' importante organizzare la didattica in modo inclusivo, ovviamente, sfruttando per questo anche le possibilità che il nuovo mezzo senza dubbio possiede. Tra l’altro, la LIM, rispetto ad altri strumenti o ausili, ha un carattere universale, si rivolge cioè già a tutti gli alunni, non soltanto a quelli con qualche tipo di difficoltà. È già intrinsecamente inclusiva. La LIM senza una metodologia didattica inclusiva di base non migliorerà però di per sé il grado di inclusività di una classe. (Ianes, 2005; Ianes e Macchia, 2008)
    Ma entriamo un po’ di più nel concetto di inclusione, rispetto a quello, ben più noto, di integrazione. Nell’integrazione scolastica tradizionale, il focus centrale del lavoro di individualizzazione è l’alunno con disabilità, a cui vengono rivolte prassi istituzionali e tecniche di certificazione, diagnosi funzionale, programmazione educativa su misura , seguite da varie strategie di insegnamento e facilitazione alla partecipazione, che coinvolgono attivamente i vari contesti dell’alunno (compagni, insegnanti e operatori, famiglia, ecc.) (Ianes e Canevaro, 2008). In molti casi, il lavoro di individualizzazione operato in favore dell’alunno con disabilità, in particolare se è frutto diretto del coinvolgimento dei compagni di classe (come dovrebbe essere), produce una serie di effetti benefici sui compagni stessi, sul clima del gruppo, sugli apprendimenti di tutti. Nell’integrazione, il punto di partenza comunque è l’alunno con disabilità, anche se, soprattutto nei casi di buona integrazione, il percorso e i risultati si allargano a coinvolgere direttamente tutto l’ecosistema dell’alunno con disabilità.
    Nel nostro Paese, la discussione sull’inclusione ha preso strade diverse rispetto al dibattito internazionale (Canevaro, 2007). Nella letteratura anglosassone (e nei casi in cui la corrispondente pratica si è tentata), il concetto di inclusione si applica a tutti gli alunni, e viene presentato come la garanzia, diffusa e stabile a livello di cultura scolastica, di politiche e di pratiche educative e formative, per tutti gli alunni, qualunque sia la loro condizione personale e sociale, di poter partecipare in pieno alla vita scolastica e di raggiungere il massimo possibile in termini di apprendimento. Dunque non è un concetto che origina da interventi rivolti a particolari gruppi di alunni, ad esempio con disabilità o differenti background linguistici o culturali (Dovigo, 2007; Dovigo in Booth e Ainscow, 2008). Considerando però la peculiare storia e situazione recente del nostro Paese, da alcuni anni si ritiene invece di usare il concetto di inclusione in un modo parzialmente diverso (Ianes, 2005; Ianes e Macchia, 2008). Questo uso può essere considerato sostanzialmente tattico, nel senso di strumentale e, in prospettiva, transitorio; oggi si deve parlare di inclusione, in Italia, come “del riconoscere e rispondere efficacemente ai diritti di individualizzazione di tutti gli alunni che hanno un qualche Bisogno Educativo Speciale, vale a dire una qualche difficoltà di Human Functioning sulla base del concetto di salute e funzionamento umano di ICF (OMS, 2007)”. In questo modo si allargano notevolmente il concetto e le prassi attuali di integrazione scolastica, riconoscendo legittimamente una gamma ben più ampia di bisogni e attivando risorse e interventi individualizzati per tutti quegli alunni che ne hanno bisogno. Questo allargamento, che risponde a ovvie e palesi esigenze di giustizia ed equità del nostro sistema formativo, sarebbe già un grosso passo avanti rispetto alla situazione attuale, uno stadio intermedio o, se si vuole, una leva strategica per raggiungere la piena inclusione. Infatti è ipotizzazbile che una Scuola che sappia rispondere adeguatamente a tutte le difficoltà degli alunni (anche le più piccole e transitorie) e che sappia addirittura prevenirle, ove possibile, diventi poi facilmente una Scuola della full inclusion, dove non esistano barriere all’apprendimento e alla partecipazione di alcun alunno.
    Questo è senz’altro il traguardo a cui tendere (Ianes e Macchia, 2008; Booth e Ainscow, 2008). Il percorso proposto da Ianes è: integrazione, inclusione e full inclusion. La LIM, in particolare, si inserisce in modo proficuo nella fase dell’inclusione se verrà usata bene, la faciliterà efficacemente se riuscirà a essere un approccio didattico generale e non solo un arredo tecnologico e spettacolare e se sarà presente una situazione di classe inclusiva: questo vuol dire relazioni tra pari sostanzialmente prosociali e di aiuto reciproco, culture valorizzanti le differenze e pratiche di individualizzazione didattica sulla base dei bisogni degli alunni e di una concezione attiva della costruzione delle competenze da parte di questi ultimi (Andrich e Miato, 2003). In un contesto simile, è chiaro che la LIM potrà esaltare, finalizzare e ottimizzare una serie di processi inclusivi comunque presenti, anche se a un livello non del tutto soddisfacente. Infine un'altra condizione importante è la massa critica di uso della LIM che viene raggiunta nel tempo didattico reale: se la LIM è usata in modo sporadico, da pochi insegnanti, non riuscirà a far fare un salto significativo all’ecologia formativa complessiva.
    In quest'ottica risulta evidente che un tassello fondamentale per la realizzazione di questo percorso è costituito dagli insegnanti e dagli educatori, dalla loro formazione e competenza, dalla loro capacità di dare risposte adeguate alle differenze e di instaurare una relazione che sia in grado di favorire la crescita della persona in difficoltà, in modo tale che questa sia in grado di rispondere in maniera più soddisfacente agli stimoli del proprio ambiente ed alle esigenze interne ed esterne, attivando essa stessa le proprie risorse, tirando fuori la propria capacità di essere resiliente. Si tratta quindi di realizzare una relazione ove il bambino non sia considerato un soggetto passivo in attesa di risposte standardizzate, ma che comporti un effetto di “trascinamento” tale da determinare il coinvolgimento del soggetto in difficoltà per la costruzione del progetto a lui diretto e di realizzare un percorso che porti alla sua emancipazione, principale obiettivo di ogni intervento pedagogico.
    Tuttavia a questa prospettiva pedagogica inclusiva italiana cui fa seguito un modello di integrazione scolastica all'avanguardia, non corrisponde una concretizzazione reale: “I cambiamenti repentini che in questi anni hanno investito il nostro sistema educativo e scolastico, le novità che ogni governo della Repubblica intraprende per migliorare il welfare del Paese, non hanno portato alla costruzione di un vero percorso strutturato capace di proporre a tutti i disabili un progetto di vita idoneo. La precarietà della situazione è evidente: una persona disabile deve vivere in certi contesti per poter sviluppare al massimo le proprie potenzialità; alcune zone dell’Italia hanno una capacità di cura migliore rispetto ad altre, ospedali e specialisti della riabilitazione più qualificati, un sistema scolastico più efficace con un’esperienza di integrazione migliore. Ma anche nel medesimo contesto sociale e civile, purtroppo, il disabile non ha la sicurezza di trovare sempre la competenza necessaria; se inserito in un programma formativo e riabilitativo idoneo, deve augurarsi che lo specialista che lo ha preso in carico sia assunto a tempo indeterminato e, quindi, possa impostare un’azione riabilitativa continuativa nel tempo; e se inserito in un contesto scolastico, deve sperare che gli insegnanti del proprio team docente siano di ruolo per poter ottenere la stabilità e la continuità educativa che la sua condizione richiede.” (Ianes e D'Alonzo- L'integrazione scolastica dal 1997 al 2007).
    Questi alcuni degli ostacoli che impediscono di rendere concreta e reale la costruzione di una società in cui tutti i suoi cittadini siano davvero cittadini a pieno titolo!
    Il sapere pedagogico, in tale realtà, deve continuare a percorrere una strada che abbia sempre uno sguardo rivolto ad un futuro, allo stesso tempo possibile ed utopico, verso una dimensione pedagogica che sia dotata , come afferma Tramma, di un intento conoscitivo e trasformativo mai disgiunti, che si alimenti di una prospettiva utopica (e non utopistica) che spinga a pensare oltre quello che già c'è, usando tale termine nell'accezione di Bertin che definisce l'utopia come “il punto estremo del non ancora, dell'inattuale e del possibile”, dunque una direzione da seguire ma soprattutto da costruire a tutti i livelli!

    Oltre i testi e gli articoli già segnalati nella riflessione, sono stati utilizzati i seguenti testi in maniera trasversale:
    •Nozioni introduttive di pedagogia della disabilità-Briganti. 2010
    •Diversabilità.Storia e dialoghi nell'anno europeo delle persone disabili-Canevaro,Ianes. 2003
    •Manuale di pedagogia speciale -Trisciuzzi. 2002
    •Pedagogia speciale dell'integrazione.Handicap:conoscere e accompagnare-Canevaro,Balzaretti, Rigon.1996


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    felicialuongo


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    SINTESI ULTIMO ESERCIZIO  - Pagina 5 Empty SINTESI ULTIMO ESERCIZIO

    Messaggio  felicialuongo Mer Mag 18, 2011 8:14 pm

    Il testo di Murdaca mira:
    - alla ricostruzione di una nuova cultura della disabilità
    - alla rimodulazione del termine integrazione
    - alla comprensione delle reali condizioni di vita, quale ruolo effettivamente possono assumere i soggetti disabili, quali servizi vengono erogati per le loro esigenze.
    E' il contesto sociale infatti a determinare la condizione di handicap, sono gli ostacoli e le barriere fisiche (come quelle mentali e culturali) a favorire il processo di esclusione oppure quello di emarginazione. Pertanto secondo l'autrice occorre abbandonare la logica dell' inserimento legge 118 del 1971 e dirigersi verso l'inclusione, adottando l'ottica della globalità: una nuova cultura e conoscenza della disabilità, attenta non soltanto ad analizzare i temi del funzionamento, del comportamento e/o dell'assistenza del soggetto disabile, ma anchè centrata sul riconoscimento della persona in evoluzione e colta nella sua dimensione olistica. L'obiettivo è la valorizzazioone della persona umana con il rispetto delle differenze e delle identità. L'integrazione è un processo continuo non un punto di arrivo, una continua ricerca di soluzioni, di strategie idonee a preservare i diritti acquisiti dei disabili. Nel parlare di integrazione non si fa riferimento più ad un'astratta normalità (che poi si traduce in propensione all'uniformità) bensì al valorizzare al meglio le dotazioni individuali. Non si dovrebbe definire nessuno per sottrazione, perchè si tratta di persone e si caratterizzano per capacità non per quello che non sanno fare; parlando di disabilità si parla di persone, perchè non è la carenza di alcunchè, infatti, che può contraddistinguere chiunque, ma la sua capacità di sentire, di fare, di agire e di pensare nell'unico suo modo specifico e personale. Anna Maria Murdaca nel suo testo parla di cervello-mente-corpo: la motricità nella disabilità: è solo, infatti, attraverso una strategia integrata che si arriverà ad una reale e vera parità delle opportunità e ad un corretto riconoscimento delle potenzialità delle persone disabili. L'unità corporea si raggiunge grazie all'azione, al movimento, al coordinamento motorio, nel quale le parti del corpo entrano in relazione con il mondo e con gli altri e al coordinamento delle parti. Una relazione capace attraverso l'azione, di dare senso e significato all'esperienza nel quale il corpo vive immerso e dalla quale subisce continue modificazioni non solo per effetto del livello percettivo, ma anche del livello emotivo-affettivo. Tali considerazioni mi rimandano al tema della resilienza. Affrontare il tema della resilienza in connessione a quello della disabilità, riporta il discorso al significato di affrontare e superare situazioni dolorose e di disagio esistenziale, una risorsa preziosa per la costruzione di un percorso di vita stabile e positivo. La resilienza è la capacità di un oggetto di resistere agli urti improvvisi senza rompersi o spezzarsi. L'attitudine dell'individuo di reagire e di far fronte a situazioni di forte disagio, mediante l'attivazione di competenze individuali e risorse interiori. La resilienza è definibile anche come un insieme di abilità, capacità di adattamento attivo e flessibilità necessaria per adottare nuovi comportamenti. Si parla anche di una capacità di adattamento passivo, ossia la possibilità di riuscire ad accettare le situazioni che non possiamo cambiare, senza continuare a valutarle negativamente bensì imparando da esse o ancora più semplicemente, dedicandoci ad altro. L'ambiente esterno dovrebbe porsi nei confronti del soggetto con handicap non con atteggiamenti svalutativi o riduttivi ma riconoscendo l'originalità di ogni persona e i punti di forza che ciascuno possiede, solo così sarebbe possibile il processo resiliente di recupero. In psicologia la resilienza è la capacità di far fronte in maniera positiva agli eventi traumatici, alle avversità della vita, connessa al riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà. E parlando di resilienza non possiamo non parlare di Simona Atzori...Simona vola. Danza e la sua danza è un volo senza ali. Ha trovato il modo di esprimere se stessa fino in fondo, trasformando la sua "mancanza" in una ricchezza e poi, dipinge. Viene da chiedersi come sia possibile dipingere in quel modo con i piedi. E' qualcosa di straordinario e di normalissimo al tempo stesso, perchè è la passione, l'entusiasmo per la vita, a consentire tutto ciò. Un esempio "sconvolgente" di come possa essere normale la diversità, di come davvero sia possibile volare alto, molto alto, anche senza ali "visibili". Il suo rapporto con la fede è molto forte. Secondo lei infatti, il Signore non le ha tolto niente, anzi le ha regalato una vita meravigiosa, a colori, come i suoi dipinti. Simona dice che la sua arte deve essere vista come "l'arte di Simona" e non come "l'arte di una ragazza senza braccia" e che ognuno è speciale per le sue particolarità e probabilmente se lei avesse le braccia potrebbe non essere così speciale come lo è ora. Un altro grande esempio di resiliente al quale vorrei collegarmi è il protagonista del film: lo scafandro e la farfalla. Infatti anche Jean-Dominique Bauby nonostante si ritrova paralizzato in una situazione difficilissima risvegliatosi da un lungo coma provocato da un ictus riesce a trovare la forza e il coraggio di reagire. Srive persino un libro grazie al solo uso dell'occhio sinistro; egli afferma: "anche l'immobilità è fonte di gioia". In questa frase sta forse l'essenza del suo libro, un libro scritto con la passione e la determinazione di chi scrivere non può più. La prospettiva della resilienza si pone come tentativo di identificazione, nei confronti della disabilità, di fattori protettivi che possano consentire alla persona di modificare in positivo la percezione del proprio limite e la riorganizzazione della propria vita. Questo dipende, ovviamente, dalla capacità delle persone, che si pongono in relazione con il disabile, di volgere lo sguardo alle potenzialità e ai punti di forza, piuttosto che soffermarsi sui limiti e sulle carenze. La resilienza presuppone relazionmi intense e significative, è un meccanismo di adattamento all'ambiente che consente alla persona di trasformare il suo ruolo sociale, da vittima a soggetto attivo, con idee, azioni e progetti suoi propri, proprioi come ci ha mostrato la prof nell'ultima lezione, attraverso i video del papa Karol Wojtyla, il quale nonostanbte la sua malattia non si è mai fermato, anzi ha sempre continuato ha diffondere il suo messaggio di pace e di speranza. Nonostante abbia subito un'attentato quasi mortale e un gran numero di traumi fisici (tumore al colon, si slogò una spalla, si ruppe il femore e subì l'appendicectomia;soffriva del morbo di parkinson di un'artrosi acuta al ginocchio in seguito all'applicazione di una protesi all'anca), non si è mai scoraggiato. Malgrado questi disagi, continuò a girare il mondo. Disse di accettare la volontà di Dio che lo faceva Papa, e così rimase determinato a mantenere la carica fino alla morte. Volle addirittura andare in prigione per incontrare il suo attentatore e dargli il suo perdono e anche quando stava male poco prima di morire era sereno e continuava a pregare.Che testimonianza...Egli dice: "la vita non può essere messa ai voti, spendete bene la vita, è un tesoro unico". Ha parlato ed ha benedetto la folla fino all'ultimo anche dalla finestra dell'ospedale. Ma oltre ad essere stato un grande esempio di resiliente, attraverso le sue capacità di reagire nonostante le situazioni avverse, si è adoperato affinchè ritovassero effettivo riscontro, in ogni luogo, la libertà e la dignità dell'uomo, la pace e l'incontro tra i popoli.
    Allego qui l'articolo: http:/www.daonline.info/archivio/8/pagine/ultimo_n_promuovere_abilit.php
    LA RIVISTA PER SUPERARE LE BARRIERE CULTURALI (DISABILITA' E ARTE)

    Questa sezione è ricca di esperienze e testimonianze esemplari: teatro, danza, pittura, tante discipline che rappresentano strumenti di comunicazione, di espressione, di conoscenza della dimensione personale più vera, più autentica. Perchè sul palcoscenico non ci sono personaggi ma persone, capaci come nessun altro di raccontarsi. E mentre si raccontano danno agli spettatori lezioni di vita, insegnano che cosa sono il coraggio e la voglia di vivere, E scopriamo che è la diversità il vero motore, il vero cardine intorno al quale ruota tutto l'universo umano.

    PROGETTI TEATRALI TRA DISAGIO E SOCIALE
    I destinatari del progetto teatro&handicap sono le persone diversamente abili, le famiglie, gli insegnanti, gli educatori, gli artisti, gli operatori sociali. L'obiettivo è quello di dare un'espressione nuova al disagio, allontanandosi dagli stereotipi, diffondendo il linguaggio teatrale nel coinvolgimento di diversi gruppi sociali. Un teatro che dà voce a desideri, sentimenti, emozioni, al linguaggio poetico che è dentro ad ognuno, ma che spesso non si riesce ad esprimere. Oltre gli schemi e le barriere etiche e sociali, sul palcoscenico compare la relazione con gli uomini e con le cose, l'anima degli attori protagonisti. La vita, nella sua più naturale semplicità, nella sua poesia, nella sua bellezza.
    IL TEATRO DELLE DIVERSITA'
    Il teatro per imparare a comunicare davvero, a rapportarsi con il diverso in maniera autentica. Perchè ogni persona è portatrice di un pezzo di vita, di un modo del tutto unico di percepire la realtà. Attraverso l'esperienza teatrale che si sviluppa come laboratorio delle diversità, si confrontano le presunte verità di ognuno, cadono certezze, sicurezze, integralismi. Le diversità fisiche, psichiche, sensoriali, culturali, religiiose, politiche, etniche ed economiche non vengono considerate come motivo di discriminazione ed emarginazione, ma come occasione di scambio reciproco e di crescita comune.
    LA DANZA DELL'ANIMA
    Tutti gli uomini sono uguali ed hanno il diritto di esprimere le proprie potenzialità artistiche. Solo chi ha un corpo agile e perfetto può danzare? No, se per danza si intende movimento armonico del corpo, espressione di emozioni attraverso il corpo, accanto agli altri, in una forma di dialogo e scambio. La Danceability è una tecnica di danza, tra disabili e non, nata negli USA nel 1998, basata sull'improvvisazione: senza schemi, senza sequenze preordinate, si susseguono movimenti liberi e spontanei, veloci o lenti. Qualcosa che fa bene all'anima, che dà forza, che fa sentire protagonisti, nelle proprie abilità e disabilità. Perchè "nella danza come nella vita se vogliamo dare il meglio di noi stessi dobbiamo andare oltre le apparenze".

    Fonti utilizzate:
    - libro Floriana Bruganti, nozioni introduttive di pedagogia della disabilità
    (paragrafo 1 pag 27, paragr. 1 pag. 49, paragr. 3 pag. 52)
    - articolo http://www.daonline.info/archivio/8/pagine/ultimo_n_promuovere_abilit.php
    - Wikipedia
    - http//.www.giovannipaolo.altervista.org/
    - considerazioni/riflessioni personali.

    Spero vada bene...
    Borriello Mariaelena
    Borriello Mariaelena


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    SINTESI ULTIMO ESERCIZIO  - Pagina 5 Empty Re: SINTESI ULTIMO ESERCIZIO

    Messaggio  Borriello Mariaelena Gio Mag 19, 2011 1:31 pm


    Le tecnologie e l’uomo-Naief Yehya

    E’ da anni che la tecnologia potenzia le capacità dell’uomo,influenzando moltissimo il corpo umano sia a livello psicologico,fisico e culturale;la tecnologia è nata per potenziare le capacità dell’uomo e rendere meno problematici i suoi limiti. Il termine TECNOCORPO indica un soggetto incarnato,interconnesso a elementi tecnologici e si parla di ciò quando il computer diventa parte del corpo umano;dopo la comparsa e la massificazione della tecnologia ,la realtà si è destabilizzata. Un’ondata di esperienze virtuali ha ridefinito concetti come la vita e l’intelligenza e tutte queste tecnologie hanno creato l’illusione che ci sia un futuro oltre la carne,che il corpo sia solo un involucro di fluidi,gas e viscere di cui possiamo liberarci.
    Esistono diversi tipi di tecnologie:INTEGRATIVE,ESTENSIVE,INVASIVE.
    -le tecnologie INTEGRATIVE vengono usate come il completamento di un organo o di una parte mancante del corpo:a questo proposito innovative sono le protesi che utilizzano al posto delle gambe quegli atleti che ne sono privi:durante il corso abbiamo analizzato il caso PISTORIUS attraverso uno specifico laboratorio. Pistorius,un atleta paraolimpico che fin dalla nascita fu costretto all’amputazione di parte delle gambe per una grave malattia; grazie alla tecnologia è potuto diventare un grande atleta usufruendo delle protesi in fibra di carbonio a forma di C.Come abbiamo visto questo tipo di tecnologia integra una parte mancante del corpo.
    Esistono anche altri tipi di tecnologie come le protesi chimiche come l’ìnserimento di dispositivi meccanici ed elettronici nel corpo che servono per riparare il nostro fisico o ancora le tecnologie per il miglioramento come le protesi estetiche utilizzate per migliorare il proprio corpo.
    GEHELEN ha introdotto il PARADIGMA DELL’INCOMPLETEZZA ovvero il paradigma che ha reso possibile la frattura fra tutto che chiamiamo natura e tutto ciò che è semplice e diretto;l’uomo è un essere incompleto e Gehelen sostiene che le ineguatezze biologiche vengono compensate mediante la tecnologia
    -la tecnologie ESTENSIVA è intesa come ampliamento del corpo, come potenziamento delle facoltà umane; Meluhan con il termine “villaggio globale” afferma come le comunicazioni sono diventate e come il mondo sembra diventato piccolo assumendo comportamenti tipici di un villaggio. Altri studiosi affermano che il villaggio globale di Meluhan è superato,poiché siamo diventati individui globali;lo sviluppo delle tecnologie ha cambiato il rapporto tra l’essere umano e gli strumenti tecnologici,basti pensare all’automobile,l’auto,il volante sembrano connettersi con il nostro cervello. Un altro fenomeno importante è l’attività di digitalizzazione ovvero l’utilizzo delle dita della mano per usufruire delle tecnologie:tutti questi oggetti sono diventati parte integrante del nostro corpo. Lo studioso Turkle ha effettuato delle ricerche che non si limitano a studiare come le tecnologie potenzino l’uomo ,ma anche come l’uomo si adatti a tali tecnologie e ne deriva il fatto che tutti gli strumenti tecnologici sono in grado di potenziare le capacità umane. Con l’arrivo di internet e del mondo virtuale si parla di Avatar,un alter-ego ideato dall’uomo,composto di sola virtualità:del corpo virtuale ne parla Caronia il quale pensa che il corpo diventi corpo replicato,invaso e poi disseminato,quindi il nuovo corpo viene inserito in una nuova dimensione tecnologica in cui artificiale e naturale si fondono.
    -le tecnologie INVASIVE si occupano dell’invasione del corpo umano e raccontano di questo nuovo individuo che è il CYBORG :termine coniato nel 1960 per definire un uomo migliorato e solo 55 anni dopo il nostro mondo ne è invaso completamente. Il cyborg è la combinazione tra un organismo evoluto e una macchina,costituito da un insieme di organi artificiali e biologici:il confine tra essere umano e cyborg è sempre più sfumato,infatti basti pensare che un individuo dotato di pacemaker potrebbe corrispondere alla definizione di cyborg.Il primo cyborg che ha ricevuto questo nome è stato un topo da laboratorio:gli era stata impiantata una pompa osmotica per iniettargli sostanze a ritmo controllato al fine di controllare i suoi parametri fisiologici.
    A tal proposito citiamo un autore importante NAIEF YEHYA nato in Messico nel 1963,studia ingegneria industriale all’Università Nazionale,collabora con alcune manipolazione dei mass-media e dalla propaganda dell’informazione. Il cyborg deve essere distinto da altre 3 creature artificiali:
    -robot:apparato elettrodomestico relativamente autonomo e l’obiettivo principale è quello di fare di più e meglio con minor fatica(le lavatrice e gli elettrodomestici sono robot)
    -umanoide:è un qualsiasi essere vivente con una forma analoga o somigliante a quella dell’essere umano e può anche non comprendere elementi robotici.
    -androidi:può essere un robot privo di elementi organici,ma non equivalenti al cyborg.
    Scrive un libro “Homo Cyborg”il corpo post-umano tra realtà e fantascienza,l’autore mostra in 160 pagine una mutazione antropologica ,il passaggio al post-umano;si occuperà delle tecnologie cyborg,ovvero tecnologie bioniche,destinate a migliorare il nostro fisico,tecnologie che ci permetteranno di sfuggire alla mortalità,alla vecchiaia,alla sofferenza.
    In questo testo l’autore cerca di descrivere l’inevitabile passaggio da una società umana ad una post-umana e i processi che stanno trasformando l’uomo in un essere strutturato dalla tecnologia,cerca di presentare il rapporto tra l’uomo e la tecnologia e di come quest’ultima ci abbia abituati a condizioni di vita e lavoro straordinarie .Il cyborg è un soggetto che si trasforma e diviene altro grazie alle tecnologie;si parla anche di cibernetica ovvero la creazione di macchine artificiali che abbiano le stesse prestazioni del cervello umano e il cyborg è un organismo cibernetico in cui si includono tutti gli impianti tecnologici che hanno consentito completamenti artificiali.
    Collegata alla cibernetica abbiamo la Domotica ovvero la scienza interdisciplinare che si occupa dello studio delle tecnologie atte a migliorare la qualità della vita:il termine deriva dal latino “domus”,”casa”,ed è nata nel corso della 3° rivoluzione industriale per migliorare nuovi strumenti.
    Con “casa intelligente” si mettono a disposizione dell’utente impianti e apparecchiature in grado di svolgere funzioni autonome con un semplice imput vocale o il battito di mani!
    Le tecnologie sono strettamente collegate anche al corpo:si parla infatti di IBRIDO TECNOLOGICO ovvero quando c’è contaminazione tra artificiale naturale e il nostro corpo deve abituarsi a convivere con organi artificiali in cui la pelle rappresenta la soglia principale;sono due le posizioni teoriche,da un lato c’è chi interpreta lo sfumare dei confini tra naturale e artificiale come un processo necessario ,dall’atro c’è chi ritiene che la dimensione organica dell’uomo risulta obsoleta di fronte all’artificiale.
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    SINTESI ULTIMO ESERCIZIO  - Pagina 5 Empty Re: SINTESI ULTIMO ESERCIZIO

    Messaggio  Raffaella De Paolo Gio Mag 19, 2011 2:50 pm

    Salve prof. io devo fare l'esame il 26 maggio e l'argomento da me scelto è la deformazione, quindi i disturbi alimentari e l'influenza dei mass media,
    oltre a questo tema volevo collegarmi a due tematiche affrontate in classe,
    ovvero lo scafandro e la farfalla e all'esposizione del tema di una
    mia collega che in una delle lezioni ha parlato
    proprio dei disturbi alimentari.
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    SINTESI ULTIMO ESERCIZIO  - Pagina 5 Empty Re: SINTESI ULTIMO ESERCIZIO

    Messaggio  Paola Pignatelli Ven Mag 20, 2011 8:37 pm

    L'argomento che ho scelto è ALIMENTAZIONE E MASS MEDIA.
    L' alimentazione viene compromessa dai mass media che danno infomazioni alimentari scorette.Questi stessi propongono immagini che vengono venerate soprattutto dalle adolescenti che soffrono perchè non si sentono all' altezza di quei modelli di ragazze magre belle perchè il corpo perfetto è diventato un ideale da raggiungere per avere successo. Il progetto Morf Art si occupa di prevenire i disturbi alimentari(anoressia, bulimia e obesità).Rosa Braidotti vede il cibo come gioia,piacere che porta a un disordine alimentare che determina problemi con il propio corpo.La rovina afferma la Braidotti è che le ragazze vogliono somigliare alle modelle dei cartelloni pubblicitari.Il cibo è diventato una droga che porta alla morte.Lei riscontra che ai due lati del mondo si muore per la stessa malattia: la fame(per mancanza o per eccesso). I mass media (radio, tv ,internet giornali)forniscono abitudini alimentari sbagliate. Karl Popper parlava di "cattiva maestra televisione" pensava che i genitori dovessero vedere la tv con i figli per meglio spiegare i messaggi che la televisione trasmette .Orlan impronta la sua ricerca sul corpo femminile criticando la chirurgia dimostrando che la bellezza non è la donna perfetta giovane e magra e propone di fare il contrario di ciò che viene imposto dalla moda,dai giornali, dal cinema.
    Golfione sottolinea come seguire il modello" bellezza femminile" mette in secondo piano l' aspetto negativo e pericoloso delle oprezioni chirurgico estetiche.Molte ragazze anche minorenni per raggiungere un corpo perfetto si sottopongono a interventi chirugici molto pericolosi senza dare importanza alle conseguenze.
    Collegandomi al laboratorio ho scelto: la ballerina Anita Berber che faceva uso di alcool e cocaina e con il sua espressione triste e il fisico magro trasmette una sensazione di una persona vicina alla morte.
    Isabelle Caro malata di anoressia dall' età di 13 anni diviene famosa per aver posato nuda per una controversa campagna pubblicitaria del fotografo Toscani.nel 2006 cade in coma e nel 2010 all' età di 28 anni muore.
    Fonti:Capitolo 5 di nozioni(par 4)
    capitolo 4 di corpo (par 3)
    Internet wikipedia
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    SINTESI ULTIMO ESERCIZIO  - Pagina 5 Empty Relazione(ultimo esercizio)

    Messaggio  Maddalena Antignano Sab Mag 21, 2011 10:21 am

    -L'immagine del corpo perfetto capitolo 5:deformazioni pag82 libro Nozioni
    -Femminile mancante pag90 libro Nozioni
    -Tecnologia come miglioramento:Protesi estetiche pag.14 libro "Corpo,tecnologia e disabilità
    -lab. Arte e disabilità,Venere di winferd

    Oggi viviamo in una società che ci bombarda di informazioni attraverso i mass media,radio-tv-riviste,questi influenzano l'immagine corporea fornendo modelli estetici irrealizzabili per la maggior parte della popolozione.I media sono costruttori della realtà sociale,in grado di orientare l'opinione pubblica sulle idee di femminile e sui concetti di femminilità,rendendo più visibili e simbolicamente rafforzati comportamenti e convenzioni sbagliate.Il corpo perfetto,tonico,asciutto,sano ma sopratutto MAGRO,è ormai un ideale di riferimento questo causa molto spesso disturbi del comportamento alimentere,rifiuto del cibo e poi grandi abbuffate,che nel campo clinico si manifestano con vomito,assunzione di farmaci anoressizzanti e ginnastica convulsiva .Nella società dei consumi,in cui viviamo,l'unico cambiamento è prospettico,prima il corpo doveva servire l'individuo oggi è l'individuo ad essere al servizio del corpo!
    Oggi la sottigliezza derivante da malattia (anoressia-bulimia-disbulimia) si è imposta come modello prevalente di nuova femminilità,di un nuovo modo per essere donna.La magrezza non è più bellezza ma mostruosità, es. Kate Moss modella anoressica,emblema di mancanza di carne,un corpo de-femminilizzato,eccessivamente magro.La fascia d'età maggiormente colpita va dai 10 ai 25anni,gli Adolescenti troppo influenzabili che con il corpo costruiscono la maggior parte dei rapporti interpersonali.Il corpo,l'apparenza nelle credenze,nella convinzione generale viene prima di tutto dimenticando l'origine stessa che il corpo femminile o maschile ha nella realtà.Ciò scaturisce dalla convinzione che le donne debbano ottenere ma principalmente continuare ad avere (possedere a tutti i costi) giovinezza e bellezza.
    Tra i tanti autori che se ne interessano quello secondo me più attuale è REMAURY che ne Il gentil sesso debole,parla di corsa verso la perfezione,con un triplice obbiettivo:giovinezza eterna;bellezza perfetta; salute totale quindi ---->OTTENERE IL MASSIMO DA SE STESSI!!!
    "tra i sogni che il denaro può comprare il miraggio di un corpo perfetto è ormai tra i più accessibili "
    La tecnologia intesa come miglioramento evolutivo,sperimentazione medica,viene molto spesso utilizzata per migliorare il proprio corpo avendo come motivazione esclusivamente l'estetica.Le possibili modifiche corporali sono i piercieng interni ed esterni,i tatuaggi per abbellire il corpo senza invaderlo violentemente;poi c'è la chirurgia plastica che oggi ha fatto passi da gigante molto spesso oltrepassando i limiti umani,le operanioni di routine sono il seno,le labbra,gli occhi,il naso,le loposuzioni e tante altre.
    Penso molto sinceramente che l'associazione MAGRO=BELLO sia sbagliata ma difficile da far accettare in quanto continuamente tutti ci preoccupiamo di come possiamo apparire,di come gli altri ci possano vedere tralasciando l'idea che a volte qualche kg in più,una ruga,un seno piccolo ci sia stato regalato dalla natura e dal tempo che passa...NOI TUTTI SIAMO BELLI PERCHè TUTTI DIVERSI,quindi OCCORRE PENSARE ALLA DIVERSITà,fisica o di pensiero,COME CARATTERISTICA DISTINTIVA,capace di renderci perfetti e amabili!!!!!!!!!!


    Maddalena Antignano
    grazie di tutto...
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    SINTESI ULTIMO ESERCIZIO  - Pagina 5 Empty Considerazioni su salute e benessere.

    Messaggio  cosimo fabiana Sab Mag 21, 2011 2:42 pm

    La disabilita'puo' essere una condizione transitoria o permanente dovuta a una oggettiva limitazione funzionale dell'esistenza umana,e piu' precisamente della capacita' di agire,cui concorrono non solo fattori personali e fisici ma anche ambientali.E'importante fare una prima distinzione tra deficit e handicap.
    Il deficit è un dato oggettivo,una mancanza stabile certificata ,ad esempio:la sordita';l'handicap,invece,è la difficolta',lo svantaggio che il deficit procura alla persona interagendo con gli ostacoli che questa incontra nell'ambiente esterno.Insomma per il disabile è essenziale il contesto in cui vive e in un certo senso, egli deve avere con l'ambiente una sorta di sintonia ,di collaborazione.Si immagini un disabile che non puo' raggiungere il terzo piano di un edificio perchè non c'è l'ascensore:non è lui a portare l'handicap con se',ma è l'ambiente che glielo presenta.E quindi sono i pregiudizi,le limitazioni strutturali ,le barriere architettoniche che impediscono ai disabili un'esistenza che altrimenti sarebbe soddisfacente.Ovviamente tutto cio' incide anche sul loro benessere .Infatti,se per benessere s'intente "lo stato di soddisfazione interiore",un soggetto portatore di handicap potra' sentirsi soddisfatto qualora riuscira' a essere abile ,a produrre,a realizzare e qualora anche tutti gli altri avranno tale consapevolezza.Molti giovani,possono subire nel corso di incidenti stradali, traumi tali da costringerli sulla sedia a rotelle temporaneamente o per il resto della propria vita.Ma la disabilita' non deve essere vista come un ostacolo alla realizzazione di obiettivi vitali.A questo proposito possiamo ricordare Pistorius e Atzori che nonostante le difficolta' che hanno dovuto affrontare , sono riusciti ad essere competitivi e a raggiungere gli stessi obiettivi del resto del mondo ,facendo della loro vita una sfida avvincente.Ancora una volta pero'è possibile ribadire che deve essere in primis l'ambiente esterno ad offrire servizi e a fare il possibile per il miglioramento della qualita' di vita dei disabili ,perseguendo cosi' il bene della comunita nel suo complesso.E' opportuno ,percio' ricordare ai rappresentanti politici quando varano le leggi finanziarie,di attuare misure idonee a creare quella "sintonia"tra disabile e ambiente,per lo sviluppo di una societa' migliore,piu' democratica e solidale.


    PREAPPELLO 26MAGGIO



    Ultima modifica di cosimo fabiana il Mar Mag 24, 2011 4:56 pm - modificato 1 volta.
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    SINTESI ULTIMO ESERCIZIO  - Pagina 5 Empty Re: SINTESI ULTIMO ESERCIZIO

    Messaggio  emiliafelago Dom Mag 22, 2011 10:15 am

    “Prevalenza sensoriale: immagini,silenzio visivo e uditivo a confronto”

    Solo utilizzando i nostri sensi in maniera profonda, completata e soprattutto consapevole possiamo far emergere e ricostruire la vastità delle relazioni che ci fanno interagire con il mondo, poiché occhi, pelle, lingua, orecchie sono di fatto porte di accesso tramite cui il nostro corpo riceve stimoli e nutrimento.

    [b]Anna M.M.
    nel proprio testo ci parla di cervello – mento- corpo affermano che l’unità corporea si raggiunge grazie all’azione, al movimento, al coordinamento motorio nel quale le pari del nostro corpo entrano in relazione con il mondo e con gli altri. Una relazione capace attraverso l’azione di dare senso e significato all’esperienza nella quale il corpo vive immerso e dalla quale subisce continue modificazioni, non solo a livello percettivo ma anche a livello emotivo- affettivo. Subendo continue modificazioni a livello percettivo/ emotivo- affettivo queste esperienze costituiscono la soggettività dell’individuo.
    Ivano Gamelli nel testo pedagogia del corpo afferma che il corpo a differenza di altri “oggetti” fatti propri dalle teorie dell’educazione per essere studiato e osservato non si presta a venire separato e messo a distanza. Noi abitiamo il nostro corpo, non possiamo indagarlo a prescindere da noi stessi. Egli ci parla di corpo abitato e di condizione di ascolto, il nostro corpo è abitato da sangue, ossa , organi, muscoli, rappresentano una vita interna che non si esaurisce nella sua fisiologia , ma che produce intrecci e risonanze nella nostra esperienza emozionale, affettiva ed emotiva. Per avere un’educazione corporea bisogna educare in tutti i sensi partendo dalle frequenze sonore inascoltate fino ad arrivare agli occhi quindi alla vista che è il vero specchio dell’anima che porta al corpo. E questo lo abbiamo notato durante il nostro primo laboratori con Simona Atzori che anche mancante dei propri arti superiori attraverso la danza e la pittura ci ha fatto entrate nel suo mondo. Infatti, proprio come ci dice Anna M.M. che solo attraverso una strategia integrativa si avrà un reale riconoscimento delle persone disabili. Ma è proprio l’ambiente esterno che non deve porsi nei confronti delle persone con disabilità con atteggiamenti svalutativi o riduttivo ma bisogna riconoscere l’originalità di ogni persona e i propri punti di forza per favorire il processo resiliente di recupero. La resilienza è quella capacità di un oggetto di resistere agli urti senza né rompersi né spezzarsi. E’ un termine che può assumere diversi significati a secondo del contesto che viene utilizzato. I sinonimi di resilienza sono: flessibilità, elasticità, mobilità e in fine adattabilità. Quest’ ultimo è molto importante in quanto è la capacità di adattamento attivo e flessibile necessaria per adottare nuovi comportamenti. Quindi connettere la disabilità alla resilienza ci riporta al discorso di affrontare e superare situazioni dolorose e di disagio esistenziale, una risorsa preziosa per la costruzione di un percorso di vita stabile e positivo.
    Negli ultimi anni ci sono state molte trasformazioni con il grande sviluppo tecnologico, che nella nostra quotidianità ha cambiato radicalmente il rapporto tra l’essere umano e gli strumenti tecnologici portandoci ad uno sviluppo maggiore dei nostri sensi come la vista e l’udito. Queste tecnologie vengono definite estensive intese come estensione del nostro corpo. Sul concetto di estensione Vittorio Andreoli nel testo la
    “vita digitale” afferma che l’auto prima e il cellulare poi rappresentano le prime protesi tecnologiche. Le nuove tecnologie come apparecchi e telefoni cellulari moltiplicano le nostre capacità uditive e di memoria fungono da protesi delle nostre funzioni corporali. Anche Mc Luhan il grande studioso dei mezzi di comunicazione affermava che le tecnologia è un estensione del corpo. Il “villaggio globale” oltre che un proprio testo Mc luhan lo utilizza anche per indicare come l’evoluzione dei mezzi di comunicazione a partire dai satelliti sono diventati in tempo reale anche a grande distanza. E come le tecnologie elettronica è diventata un estensione dei nostri sensi particolarmente la vista e l’udito. Le nuove forme di comunicazione radio e tv hanno trasformato il globo in uno spazio fisicamente molto più contratto di un tempo. L’automobile, il telefonino sono estensioni del nostro corpo come anche la comunicazione mediata dal computer che si dividono in sincrone, in tempo reale, attraverso la chat e Instant Messaging, e asincrone in tempo differito, come i forum, blog. Un altro fenomeno è quello della digital Activity cioè l’attività di digitalizzazione tipica dei nostri media, consente nell’utilizzo delle dita della mano per l’utilizzo e l’abilità nell’usufruire di tecnologie fine a farle proprie. E Andreoli ci parla di uomo digitale che usa le dita, quindi il tatto insieme alla vista, quindi gli occhi privilegiando queste funzioni sensoriale. Con l’avvento di internet e del mondo virtuale, si parla di avatar un alter-ego ideato dall’uomo. Il recente film omonimo ha fatto entrare questa icona nell’immaginario comune. Ma tra il nostro avatar e quello del film ci sono delle sostanziali differenze: la prima differenza che il nostro avatar e formato ma soli pixel digitali , frutto di una realtà virtuale dei nuovi videogames. L’avatar del film è un prodotto di laboratorio composto da DNA umano con quello di una razza aliena. Seconda differenza con l’avatar del film con il nostro è che il personaggio non appartiene al mondo dei computer, l’accesso avviene si tramite macchina virtuale di navigazione però è un alterego virtuale semplice. La terza differenza che l’avatar del film per ora e irrealizzabile mentre il nostro è già esistente ed impegna moltissimi utenti. Gregory Rawlins che ha scritto la seduzione del computer nel 1997 aveva già previsto che quando la realtà virtuale si sarebbe perfezionata gli individui l’avrebbero scelta come rifugio,inizialmente trascorrendo una buona porzione del loro tempo libero nell’intelligenza artificiale, poi costruendovi una vita alternativa. In conclusione con tutto questo caos di tecnologia e di nuovi modi per comunicare che rendono la nostra vita sempre più frenetica non c’è più un colloquio face to fece e quindi non si riesce neanche più a capire a cogliere l’emozioni di una persona, in quanto dietro ad un silenzio ci solo più di mille parole non dette!!!
    !
    La parola dell’altro non è necessariamente il linguaggio
    Il silenzio è incompiutezza e possibilità di altro.
    Spazio della comunicazione,
    tempo dell’educazione … … ….
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    Messaggio  angela.bazzicalupo Dom Mag 22, 2011 10:38 am

    ARGOMENTO: Prevalenza sensoriale: immagini, silenzio, visivo e uditivo a confronto.

    I cinque sensi sono le "finestre" che utilizziamo per raccogliere informazioni dal mondo esterno. Fu il filosofo Aristotele il primo a classificare le percezioni di occhi, orecchie, naso, lingua e pelle, anche se in realtà gli organi di senso non sono indipendenti, ma interagiscono tra loro e con tutto l'organismo, producendo un sofisticato meccanismo per la raccolta di informazioni da inviare al cervello. Per la Murdaca, infatti, è solo attraverso una strategia integrata che coinvolga cervello-mente-corpo che si arriverà ad una reale e vera parità delle opportunità e ad un corretto riconoscimento delle potenzialità delle persone disabili, proprio il movimento rappresenta non solo uno dei canali per raggiungere il benessere psicofisico ma anche un elemento collante per favorire processi educativo – abilitativi. L’unità corporea si raggiunge grazie al movimento, al coordinamento motorio nel quale le parti del corpo entrano in relazione con il mondo e con gli altri, determinando una relazione capace di dare senso e significato all’esperienza nel quale il corpo vive immerso e dalla quale subisce continue modificazioni non solo per effetto del livello percettivo ma anche del livello emotivo- effettivo. Grazie a queste modificazioni che si costruisce la soggettività dell’individuo. Quindi il corpo diventa il luogo di ascolto e di osservazione per riconoscere possibilità, ostacoli, interessi, linguaggi. Proprio Gamelli ha proposto una Pedagogia del corpo quale modello terapeutico abilitativo. Il corpo a differenza di altri “oggetti” fatti propri delle teorie dell’educazione per essere osservato e studiato non si presta a venire “ separato” e “messo a distanza” perché noi abitiamo il nostro corpo. Gamelli nella prima parte del suo libro “teorie e contesti”, tratta le scienze motorie e il loro legame con il corpo partendo dalla psicomotricità alla pratica sportiva rimettendo in gioco i sensi. Riprendendo ciò che ho scritto nel laboratorio su Pistories ritengo che lo sviluppo di innovazioni tecnologiche sia necessario ad innalzare il livello di benessere della vita di una persona con disabilità, quindi è giusto che vengano usate le protesi per stare meglio con sé stessi, sottolineando anche l’attitudine dell’individuo di reagire a situazioni di forte disagio mediante l’attivazione di competenze individuali e risorse interiori. È molto importante, infatti sottolineare anche la resilienza definita come la capacità di un soggetto di resistere agli urti improvvisi senza rompersi o spezzarsi. A tal proposito vorrei prendere in considerazione il laboratorio su Simota Atzori, caso emblematico di resilienza, la quale non pone dei limiti alla sua “mancanza” ma ne fa una forza. Possiamo anche parlare di adattamento passivo, ossia la possibilità di riuscire ad accettare le situazioni che non possiamo cambiare senza continuare a valutarle negativamente bensì imparando da esse o dedicandoci ad altro. il soggetto disabile vive solitamente una condizione fisica socialmente limitante legata anche al contesto in cui vive infatti, l’ambiente esterno dovrebbe porsi nei confronti dei soggetti con handicap non con atteggiamenti svalutativi o riduttivi ma riconoscendo l’originalità di ogni persone e i punti di forza che ciascuno possiede solo così si potrebbe favorire il processo di resiliente di recupero.
    Oggi rispetto alle tecnologie del passato è presente una caratteristica nuova, i due elementi corpo e oggetto tecnologico si contaminano a vicenda, il corpo, infatti dovrà imparare a convivere con organi artificiali e protesi meccaniche, diventando parte integrante del nostro corpo. La tecnologia si avvicina a tal punto all’uomo, al suo corpo, alle sue capacità sensoriali e cognitive da scomparire, da diventare invisibile mutando radicalmente la natura del rapporto tra uomo e artefatti, tra soggetto e oggetto.
    Per spiegare la relazione che intercorre tra corpo, disabilità e tecnologia è importante considerare la ripartizione in 3 tipologie di tecnologie: integrative, invasive ed estensive.
    Sono dette tecnologie invasive:
    - La tecnologia come intromissione del corpo. (Es: gli impianti)
    - Le specifiche del cyborg
    - Il cyborg per Donna Haraway, Rosi Breidotti

    Sono dette tecnologie integrative:
    - La tecnologia come integrazione del corpo. (Es: protesi per lo sport)
    - La tecnologia come miglioramento. (Es: protesi estetiche, chimiche)
    - La tecnologia come sostegno. (Es: il computer, la scuola)
    Sono dette tecnologie estensive:
    - Le protesi immateriali, estensioni corporee dell’uomo fornite dai mezzi di comunicazione. (Es: il telefono, l’automobile, il corpo virtuale, il corpo tecnologico, la questione dell’identità in rete, la Net Addiction)

    La tecnologia è estensiva quando è intesa come ampliamento del corpo, Vittorio Andreoli nel suo testo “la vita digitale” affermava che prima l’auto e poi il telefono rappresentano le prime protesi tecnologiche, infatti queste nuove tecnologie moltiplicano le nostre capacità uditive e di memoria e, fungono proprio da protesi delle nostre funzioni corporali. Anche McLuhan, grande studioso dei mezzi di comunicazione di massa, ci diceva che la tecnologia è diventata un’estensione del corpo. Nel suo primo lavoro “la Galassia Gutembreg” sottolinea l'importanza dei media nella storia umana; in particolare egli discute dell'influenza che quest’ultima ha avuto sulla cultura occidentale. Quella del "villaggio globale" oltre ad essere un testo è una metafora adottata da McLuhan per indicare come, con l'evoluzione dei mezzi di comunicazione, a partire dal satellite che ha permesso comunicazioni in tempo reale a grande distanza, il mondo sia diventato “piccolo” e abbia assunto di conseguenza i comportamenti tipici di un villaggio. La tecnologia, infatti, è diventata un’estensione dei nostri sensi particolarmente la vista e l’udito. Attraverso i nostri “sensi estesi” dai mezzi tecnologici possiamo fare esperienza in tempo reale di eventi che avvengono dall’altra parte del pianeta. Lo sviluppo della tecnologia nella nostra quotidianità ha cambiato radicalmente il rapporto tra l’essere umano e gli strumenti tecnologici che presenziano oramai in quasi tutti gli ambiti del nostro esistere. Si pensi all’automobile i gesti, come accade nel camminare, diventano a seguito di un costante impiego familiari fino a diventare automatici, meccanici, spontanei. L’auto, il volante e i suoi comandi da meccanismo fisici e pratici pian piano sembrano connettersi con il cervello. Quindi la comunicazione e composta da comunicazione verbale, parole e suoni e non verbale, tutto quello che il corpo e la manifestazione delle immagini o i video documentano. Anche il telefono ha consentito la diffusione della comunicazione sia scritta che orale, infatti quest’ultimo mette in comunicazione due persone fisicamente lontane che sarebbero impossibilitati di parlarsi e quindi di trasmettersi notizie importanti o di scambiarsi emozioni e sentimenti. L’uomo nel suo intento ha bisogno di parlare e quindi di comunicare e, il telefono incarna questa esigenza di comunicare. Infine abbiamo le CSM (comunicazione mediata dal computer) tali comunicazioni si dividono in sincrone in tempo reale cioè che condividono lo stesso tempo e sono teoricamente volatili (es: chat) e, asincrone, in tempo differito cioè possono essere connessi alla rete in tempi diversi (es: forum, blog). Lyon, affermava che i nostri corpi scompaiono appena operiamo una comunicazione a distanza, nella conversazione telefonica sussiste il corporeo, la voce mentre nell’e-mail il corporeo è del tutto assente e viene coadiuvato dalle emoction che sostituiscono l’espressione visiva. L’uomo digitale, infatti, usa le dita quindi il tatto insieme alla vista, gli occhi privilegiando queste funzioni sensoriali. Entra proprio in gioco la necessità di discutere e utilizzare i cinque sensi. È infrequente che l’espansione di una funzionalità possa tradursi nella sostanziale atrofizzazione di un’altra funzionalità, questo fenomeno è molto frequente quando ad essere coinvolti sono i nostri sensi, ad esempio un utilizzo eccessivo della vista toglie rilevanza all’udito che progressivamente tende ad atrofizzarsi. Questa affermazione è stata sperimentata da noi durante il corso quando abbiamo simulato di essere non vedenti, in quell’occasione c’è stata una prevalenza dell’udito prestando attenzione ad ogni singolo rumore che avveniva in aula.
    Concludendo vorrei parlare dell’importanza del silenzio, che rappresenta una delle cose più belle che possa esistere, che non ti da né dispiaceri né certezze ma solo delle speranze. Il silenzio non è solo simbolo di mistero, timidezza o indecisione ma è anche attenta riflessione. Non è un handicap ma un diverso tipo di comunicazione che non arriva alle nostre orecchie ma solo al nostro cuore. Il silenzio, infatti, può essere rappresentato da una lacrima, da un abbraccio, da un bacio, da uno sguardo, sostituendosi a tutti gli altri sensi.


    Ultima modifica di angela.bazzicalupo il Dom Mag 22, 2011 12:27 pm - modificato 1 volta.
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    Messaggio  Viviana Parascandolo Dom Mag 22, 2011 11:38 am

    Gentile professoressa ho prenotato la mia esposizione per il 26 maggio con l'argomento "immagini del corpo perfetto:sfumature".Trattando di ciò,inevitabilmente mi sono collegata ad alcuni paragrafi del capitolo 5 del testo nozioni ,perchè legati comunque da un filo conduttore quale il corpo,l'alimentazione,il ruolo che giocano i mass media.Ho deciso poi di collegarmi con il libro "corpo,tecnologie e disabilità" trattando delle protesi estetiche e dunque anche degli altri tipi di tecnologie.Per quanto riguarda il laboratorio ho deciso invece di collegarmi a "immagini diversità",dunque ad Oliviero Toscani e alle immagini da lui presentateci sulla modella anoressica.
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    Messaggio  carmen viscovo Dom Mag 22, 2011 1:24 pm

    "La Pedagogia del corpo secondo Gamelli" è stata la tematica che ho deciso di approfondire.Secondo l'autore,il corpo a differenza di altri "oggetti"fatti propri delle teorie dell'educazione per essere osservato e studiato non si presta a venire separato e messo a distanza.Noi abitiamo il nostro corpo.Non possiamo dunque indagarlo prescindendo da noi stessi.Egli parla del nostro corpo abitato e di condizioni d' ascolto:infatti la soggettività del ricercatore,le condizioni in cui si dispone all'ascolto e alla conoscenza sono implicite nell'analisi.Il nostro corpo è abitato:sangue,ossa, organi,muscoli rappresentano una vita interna che non si esaurisce nella sua fisiologia,ma che produce intrecci,sovrapposizioni e risonanze delle nostra esperienza emozionale,affettiva,psichica.Si riconosce il corpo come capace di attivare ,reprimere,modulare e valorizzare non solo le percezioni ma anche le sensazioni,le emozioni,i ricordi,i vissuti che vengono in maniera automatica immessi nelle vie di connessione.Così il corpo,essendo il vissuto inter e intrapersonale di ogni soggetto,entra nello spazio e nel tempo,si modifica al loro modificarsi,avvia l'autoidentificazione utile alla costruzione di una immagine relazionale.Il corpo diventa luogo di ascolto e di osservazione per riconoscere possibilità,ostacoli,posture,interessi,linguaggi.A questo punto avviene l'attivazione delle proprie abilità,in particolar modo per i disabili,infatti come sostiene Merleau-Ponty,è attraverso il corpo che il soggetto si esprime,trova la propria singolarità infatti per il filosofo francese il corpo satura il mondo fisico con il mondo simbolico.A tale proposito si possono considerare i sensi come" strumenti" che permettono all'individuo di relazionarsi con la realtà circostante creandosi una propria "mappa" un proprio "territorio",che corrisponde alla propria dimensione fisica e mentale ,nella quale l'uomo può vivere abitualmente.Quindi proprio come sostiene Gamelli c'è bisogno che il corpo viva in contesti educativi,prestando attenzione ai sensi.Gamelli divide il suo libro in 2 parti composte da 7 capitoli.La prima parte "Teorie e Contesti"tratta le scienze motorie e il loro legame con il corpo(possiamo quindi collegarci al tema della disabilità sportiva di Pystorius).
    Pystorius è un atleta paralimpico(cioè i paralimpici sono coloro che partecipano ai giochi olimpici e che purtroppo possiedono delle disabilità fisiche o intellettive).Egli sin da quando aveva pochi mesi fu costretto all'imputazione di parte delle gambe a causa di una grave malformazione degli arti inferiori.Sembrava fosse destinato a non camminare figuriamoci a correre.Grazie alla tecnologia avanzata è potuto diventare un grande atleta usufruendo delle protesi in fibra di carbonio al posto delle gambe,ha utilizzato proprio il flex foot,piede flessibile a forma di C in fibra di carbonio,e con questo ha vinto molte gare in diversi sport.La notizia più eclatante è stata proprio la vittoria nella corsa.Pystorius chiese di poter correre con i normodotati alle Olimpiadi di Pechino del 2008. Ma la sua richiesta fu respinta in quanto la commissione scientifica stabilì che "un atleta" con protesi ha vantaggi rispetto a coloro che non le possiedono. La commissione scientifica oggi, dopo diverse indagini, ha stabilito che non rappresentano un vantaggio per le Olimpiadi.
    In questo caso specifico la tecnologia utilizzata da Pystorius è usata per correggere gravi difetti fisici,è l'integratore, nel senso che integra una parte del corpo mancante, a causa di una menomazione fisica congenita o progressiva. Ma Pystorius, a mio avviso, può essere considerato anche un caso di resilienza, un'altra tematica trattata al corso.
    La resilienza è l'attitudine dell'individuo di reagire e far fronte a situazioni di forte disagio,mediante l'attitudine di competenze individuali e di risorse interiori. E' un termine che può assumere diversi significati a secondo dei contesti di riferimento. I sinonimi di resilienza sono:flessibilità,elasticità,mobilità,adattabilità. Quest' ultimo è molto importante,infatti la resilienza è definibile anche come un insieme di abilità,capacità di adattamento attivo e flessibilità necessaria per adottare i nuovi comportamenti. Si parla anche di una capacità di adattamento passivo, ossia la possibilità di riuscire ad accettare le situazioni che non possiamo cambiare senza continuare a valutarle negativamente, bensì imparando da esse o, ancora più semplicemente, dedicandosi ad altro. Connetterla alla disabilità riporta il discorso al significato di affrontare e superare situazioni dolorose e di disagio esistenziale,una risorsa preziosa per la costruzione di un percorso di vita stabile e positivo. L'ambiente esterno dovrebbe porsi nei confronti del soggetto con handicap non con atteggiamenti svalutativi o riduttivi,ma riconoscendo la specialità di ogni persona e i punti di forza che ciascuno possiede, solo così sarebbe possibile favorire il processo resiliente di recupero. Un altro esempio di resilienza che abbiamo potuto conoscere personalmente è Adele, donna affetta da poliomelite(malattia che colpisce i muscoli)costretta a stare su una carrozzina elettrica. Adele nonostante la sua emozione, ci ha raccontato di lei,delle sue difficoltà,dei suoi disagi,delle continue barriere architettoniche che deve superare ogni giorno. Barriere architettoniche non solo fisiche, ma soprattutto culturali, manifestate attraverso atteggiamenti di chi guarda e giudica dal centro,dal suo punto di vista chiuso e privilegiato, attraverso l'indifferenza, attraverso la noncuranza, per cui tutti i diversi diventano invisibili. Un esempio di emarginazione l'abbiamo vissuta in maniera piuttosto chiara in aula,proprio durante l'esperimento del sindaco. A questo punto possiamo capire l'importanza della nuova politica socio-educativa(in riferimento alla disabilità) di cui ce ne parla Annamaria Murdaca nel testo "Complessità della persona e disabilità",una nuova politica socio-educativa che abbia 3 obiettivi:
    - integrazione;
    - differenziazione;
    - personalizzazione.
    Obiettivi indispensibili a sollecitare nei soggetti disabili lo sviluppo di indipendenza e emancipazione.
    Le politiche inclusive devono lavorare "su cosa si deve fare,quanto si può ancora fare nonostante,quanto non si fa ancora",in particolare è necessario un intervento da parte delle Istituzioni per ridurre l'handicap nelle persone disabili in modo da favorirne un percorso di inclusione nel contesto socio-culturale che li circonda. Si pensa ad una comunità sociale che valorizzi la persona umana,faccia attenzione più alla presenza del soggetto piuttosto che all'assenza delle funzioni. Infatti ogni persona si contraddistingue per il suo specifico modo di fare,di agire, di sentire e di pensare. Per la Murdaca è solo attraverso una strategia integrata,che coinvolga cervello-mente-corpo, che si arriverà ad una reale e vera parità delle opportunità e ad un corretto riconoscimento delle potenzialità delle persone disabili. L'unità corporea,continua la Murdaca,si raggiunge grazie all'azione,al movimento,al coordinamento motorio,nel quale le parti del corpo entrano in relazione con il mondo e con gli altri e si coordinano tra loro.
    E' qui che riprendiamo dinuovo il tema di Gamelli che,nella prima parte del suo libro,parte dalla dimensione psicomotoria alla pratica sportiva "rimettendo in gioco i sensi verso una differente visione del corpo in educazione". Il primo capitolo affronta il tema corpo in gioco:apprendimento psicomotorio del bambino. I temi trattati sono i seguenti:
    - non solo per sport:pensieri che rincorrono una palla;
    Tematiche come lo sport tra antiche visioni e nuove emergenze,la paura di giocare,l'aggressività necessaria,educazione fisica.
    Obiettivo è evidenziare il valore educativo dello sport,dal punto di vista di chi si trova professionalmente a confrontarsi,
    anche con i suoi aspetti più discutibili,tra scienze motorie e Isef...in particolare la paura di giocare è un aspetto interessante come la difficoltà del bambino.
    - L'altro tema è verso un'educazione corporea. Vivere il corpo nei contesti educativi,soprattutto attraverso i linguaggi,combinandoli insieme,prestando attenzione ai sensi e all'ascolto. A tale proposito ricordiamo la simulazione fatta in classe. L'essere bendati è servito a farci apprezzare quello che abbiamo ma, nello stesso tempo,scoprire che senza il senso della vista possiamo comunque percepire la realtà e coglierne ancora di più le sfumature che sfuggono alla nostra visione.

    Fonti: Nozioni introduttive di Pedagogia della disabilità; Corpo,tecnologie,disabilità; altri siti internet.
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    Messaggio  Loffredo Michela Dom Mag 22, 2011 1:29 pm

    Il tema da me trattato è quello della "DEFORMAZIONE" soffermandomi in particolar modo sull'alimentazione e mass media e le deformazioni del corpo nell'arte.
    Ho ricercato un articolo che parla proprio dei disturbi alimentari e di come i mass media,i genitori e il gruppo dei pari abbiano influenzato l'immagine corporea e del se fisico.
    Secondo uno studio condotto dalla dottoressa Field e i suoi colleghi denominato "Growing Up Today" i fattori di rischio sono stati diversi:
    -il tentativo di imitare i modelli offerti dai mass media;
    -commenti negativi inerenti al peso da parte del gruppo dei pari;
    -commenti negativi inerenti al peso da parte del padre;
    -frequenti tentativi di seguire una dieta;
    -avere una madre che ha sofferto di disturbi dell'alimentazione.
    Secondo l'articolo "Anoressia e Bulimia" di Achille della Ragione tra i tanti disturbi alimentari quelli più diffusi sono l'anoressia e la bulimia.Il primo,consiste nel perdere circa l'85%d del peso in relazione all'età,al sesso e all'altezza.L'anoressia è il rifiuto di assumere cibo,la paura da parte del soggetto di ingrassare anche quando si è sottopeso.
    Il secondo consiste nell'abbuffarsi di cibo in lassi di tempo piuttosto brevi,per es. nell'arco di 2 ore, nascondendo questo comportamento agli altri,per poi provocasi il vomito.
    Queste malattie sono diffuse soprattutto tra le donne in età compresa tra i 15 e i 25 anni.
    Si tratta quindi di un "femminile mancante",deformante senza carne,curve o sviluppo,dalle forme dis-umane.
    Per quanto riguarda l'arte,quella moderna,rovesciando i canoni tradizionali del bello,produceva opere in cui dominava la deformazione delle figure,il brutto era diventato la vera bellezza, perchè il bello non era problematico e non produceva più nessuna emozione estetica.
    Si pensi alla Ballerina di Botero,si trattava di una donna corpulenta,incurante dei canoni imposti dalla società,che si faceva ritrarre in tutte le sue fattezze.
    Voglio concludere questo discorso con l'importanza della dieta mediale e la co-visione.
    La dieta mediale deve insegnare come l'uso della TV non deve essere solo un modo per riempire il tempo libero.Durante la visione i genitori devono accompagnare la comprensione dei contenuti con la co-visione,aiutando bambini e adolescenti nella decodifica dei messaggi ricchi di stereotipi sessuali e sociali.
    Nello stesso modo in cui il bambino inizia a scrivere e ad usare la penna,così deve imparare ad usare la televisione e gli altri media.


    Questa è solo una sintesi orientativa sul tema da me trattato,perchè è impossibile inserire tutti i collegamenti che ho fatto con i libri Nozioni e Corpo e con gli altri articoli trovati che esporrò in aula giovedì 26 maggio
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    Messaggio  veronica romano Dom Mag 22, 2011 1:49 pm

    Alla fine di questo percorso formativo ciò che mi ha suscitato maggiore riflessione è stato il termine DIVERSITA’. La diversità è un concetto abbastanza relativo perché esso porta alla categorizzazione, cioè alla posizione di certe persone in determinate categorie. La condizione di diversità identifica la persona non perché tale ma solo perché è diverso. Quando pensiamo al diverso, immaginiamo un soggetto non analogo, diverso dagli altri. Il diverso è colui il quale la società etichetta come tale perché ha degli schemi mentali, fisici e comportamentali differenti dalla normalità. Il diverso non sceglie di esserlo ma è etichettato, egli fa paura, è isolato. Il tema della diversità mi ha riportato al tema di diversità razziale, infatti, in aula abbiamo visto delle immagini e fra tutte quella che mi ha colpito, è stato quella di due persone che si baciavano separati da un filo spinato, questo mi ha portato a pensare il film: IL BAMBINO CON IL PIGIAMA A RIGHE, dove è evidente che le differenze sociali, culturali e religiose influiscono sulla vita delle persone. I pregiudizi e gli stereotipi, secondo LASCIOLI, servono a racchiudere i diversi in una sorta di cerchio chiuso, uno scarto di umanità. Bisognerebbe invece preferire una società che tende a superare la diversità e a vederla come fonte di arricchimento per la persona. Tuttavia parlando di diversità, non posso prendere in considerazione la DISABILTA’. Essa è qualsiasi restrizione o mancanza della capacità di svolgere una determinata attività. Quando ci troviamo di fronte ad una persona diversa, vuoi per la sua disabilità fisica, psichica o per la sua diversità di lingua, di cultura (mi riferisco al film indovina chi viene a cena), credo che ci troviamo di fronte a persone che vanno riconosciute e rispettate nella loro totalità. L’ambiente è il primo elemento che può rappresentare la differenza tra una persona diversamente abile e un'altra. È la situazione che incita all’emancipazione, sono soprattutto i famigli, la scuola che sono in situazioni in cui si può parlare di un progetto di vita,in cui si può pensare che dentro ognuno di noi c’è un talento che aspetta di venire fuori,il segreto è trovarlo. Ma oltre al contesto,però è importante anche la determinazione e la forza d’animo delle persone. Basti pensare agli esempi della Atzori,di Pistorius. Per me questi sono esempi di che ci portano a pensare che non bisogni pensare solo alla sottrazione ossia per quello che non si ha.(in questo caso mi riferisco al capitolo che parla delle tecnologie integrative).infine dopo aver parlato della diversità in genere vorrei introdurre il concetto d’integrazione. La storia dell’handicap è stata caratterizzata da una lunga esclusione ,infatti già nel IX secolo a Sparta venivano uccisi i bambini deformi,o come in Egitto dove i malati cronici venivano fatti arrampicare su un albero in attesa che le loro forze venissero fino a schiantarsi al suolo. La situazione migliorò un po’ nel medioevo quando si diffuse un atteggiamento di pietismo. Però c’è da dire che nel dopoguerra la situazione migliorò leggermente anche a livello giuridico. Infatti l’art 38 della costituzione afferma che: ogni cittadino inabile al lavoro o sprovvisto di mezzi necessari per vivere ha il diritto al mantenimento e all’assistenza sociale. Agli inizi degli anni 80 i disabili avevano:diritto al lavoro,integrazione scolastica,abbattimento delle barriere architettoniche. Per quanto riguarda il diritto allo studio, la legge 517 garantisce istruzione a tutti i disabili, infatti, per la prima volta non si parla più d’inserimento ma d’integrazione.
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    Messaggio  Viviana Esposito Dom Mag 22, 2011 3:38 pm

    La tecnologia, di cui l’uomo è protagonista, è e rimarrà sempre una protesi, essa cioè, come afferma McLuhan, gli consente di “estendere” i suoi sensi e i suoi nervi al di là della finitezza del proprio corpo.
    Le recenti scoperte tecnologiche hanno fornito l’uomo di nuove protesi, i mass-media appunto (televisione, radio, computer, telefono), che hanno rivoluzionato il mondo delle comunicazioni, soprattutto da quando la tecnologia digitale, da fissa, è diventata mobile. Il telefonino, ad esempio, è tantissime cose insieme: telefono, televisione, computer, un mondo intero a disposizione, che portiamo sempre con noi.
    La rivoluzione di internet, nel 1995, e le conseguenti comunità virtuali hanno fatto il resto, per cui oggi possiamo dire, sempre con McLuhan, che dalla Galassia Gutenberg siamo entrati nella Galassia Internet. Non è cambiato solo il modo di comunicare, ma anche quello di relazionarsi con gli altri; si sono sviluppati nuovi modelli di socialità, soprattutto fra i giovani, quelli nati dopo la rivoluzione di internet. I “Nativi digitali”, secondo il termine coniato da Mark Prensky, nel 2001, utilizzato anche da Paolo Ferri nel libro “ I Nativi Digitali” sono gli adolescenti nati dopo il 1995 che, a casa, a scuola, con gli amici, sono sempre accompagnati dalle loro protesi comunicative ed espressive digitali. A differenza degli adulti, quelli che Prensky e Ferri definiscono “Immigrati digitali”,che utilizzano il computer come strumento di lavoro e di svago, i giovani vivono nello e sullo schermo, allo stesso modo in cui abitano il mondo reale: per loro esiste il reale ma altrettanto reale è la sua espansione virtuale “essi vivono in un mondo reale e virtuale insieme, vivono nei media digitali, sono in simbiosi strutturale con essi”( Longo, 2002).
    Questa immersione nella realtà digitale cambia il loro modo di apprendere, di gestire l’informazione, di comunicare. Se il mondo reale, quello che per i filosofi è il mondo oggettivo, che esiste anche se non viene percepito dall’uomo, un mondo concreto, fatto di materia “Quella cosa semplice, palpabile, resistente, che si muove nello spazio”( Tomàs Maldonado “Reale e virtuale”), anche il mondo virtuale non è “falso o illusorio, come sosteneva Pierre Lèvy già nel lontano 1995 in un intervista: “Il virtuale non è una categoria che si oppone al reale…è un processo creativo”. Esiste quindi una realtà concreta, che è fisica e materiale, ed una virtuale, che non è fisica, anche se è possibile vederla e talvolta anche toccarla con certe protesi alle dita. Il mondo virtuale è su una pellicola, dentro una cassetta, in un telefonino; esiste solo se l’uomo accende il computer: si apre e si chiude con un click.
    La pratica sociale di internet non deve essere vista, come spesso accade, come terreno privilegiato per le fantasie personali, come una via di fuga da una vita difficile ed opprimente; internet, face book, i social network possono essere un pericolo, solo se li si usa per riempire i vuoti della vita reale; se invece ne sono parte integrante rappresentano solo un nuovo strumento di socializzazione e aggregazione a livello globale. Infatti anche nei giochi di ruolo, sono sempre le vite reali che danno forma all’interazione on line. Chi sceglie di mostrarsi agli altri attraverso una propria rappresentazione, un Avatar appunto, si crea un alter ego virtuale, che non è diverso da sé questo io on line è generalmente coerente con l’io offline, come nota Nancy Baym.
    Anche Sherry Turkle sostiene la stessa tesi quando afferma che “Le persone che vivono vite parallele sullo schermo sono comunque legate dai desideri, dal dolore e dalla mortalità dei loro sè fisici”.
    L’avatar esiste ed agisce in questo mondo virtuale come un corpo reale, perché comunque rappresenta una persona in carne ed ossa che si trova dall’altra parte del computer.
    Quanto è valida, allora, la teoria che prospetta una graduale ma inevitabile de materializzazione della nostra realtà?
    Tomas Maldonado, in “Reale e virtuale”e nella “Critica della ragione informatica”pur ammettendo che in vasti settori della produzione e dei servizi si stiano verificando indubbi processi di de materializzazione, rifiuta la tesi che sia in atto una globale de materializzazione del mondo, per cui gli oggetti verrebbero sostituiti da processi e da servizi sempre più immateriali e la nostra realtà futura sarebbe popolata da presenze prive di materialità e fisicità, spettri, fantasmi, Avatar insomma. Egli ritiene, ed io con lui, che l’uomo è comunque fatto di materia, di carne e di sangue, ed ha bisogno della realtà concreta per sopravvivere. Ispirandosi al romanzo di fantascienza “ Gray Matters”, che descrive i cervellomorfi, cervelli umani che vivono e pensano immersi in un acquario di vetro, egli così conclude: “Noi non siamo cervelli in una vasca. Ed anche se lo fossimo dovremmo comunque, in quanto cervelli, in quanto appunto materia pensante, misurarci con la nostra propria fisicità e con quella della vasca che ci ospita”.
    Se la tecnologia estensiva è una protesi, un ampliamento del corpo, la correzione di un limite delle caratteristiche anatomiche dell’uomo, si presta anche al tema della disabilità. L’avatar, di cui ho ampliamente parlato, la rappresentazione di sé nel mondo virtuale, può consentire al disabile, nel nostro caso Jake, protagonista del video proiettato nel laboratorio, di muoversi lungo il confine fra il reale e il virtuale realizzando le proprie potenzialità nel mondo parallelo, proprio perché nella realtà virtuale egli non deve sottostare alle rigide regole che limitano il corpo e quindi, nonostante i suoi problemi, egli può muoversi come più gli aggrada.
    Le protesi digitali, un telecomando o un click sul computer consentono a un disabile anche di vivere e muoversi autonomamente, nonostante i suoi limiti nella vita reale, nella sua “casa intelligente”, dove tutte le apparecchiature sono in grado di svolgere azioni autonome o programmate dall’utente. E’ il caso della domotica, come abbiamo visto in laboratorio con l’esempio di Andrea.
    La tecnologia può essere anche invasiva, quando invade il corpo umano con un impianto (Pacemaker,occhio bionico,cuore artificiale,pelle sintetica); il corpo così non si sdoppia più nel virtuale, l’avatar, ma diventa sede stessa del mutamento, è un cyborg, un ibrido tecnologico, che ha in sé due elementi, uno naturale(corpo) ed uno artificiale(l’impianto tecnologico) che si contaminano a vicenda, al punto che i confini tra naturale e artificiale si fanno sempre più labili, la tecnologia diventa invisibile e si fa tutt’uno con l’uomo. Questa contaminazione tra naturale e artificiale, secondo alcuni teorici, è un processo evolutivo necessario, secondo altri, invece, l’ibridazione è necessaria perché il corpo dell’uomo ormai è inadeguato rispetto all’ambiente altamente tecnologizzato.
    Tra le visioni più radicali c’è quella di Kevin Kelly che è convinto che l’uomo vive in simbiosi con la tecnologia. Anche Giuseppe Longo, che ho già citato, sostiene che l’uomo è sempre stato strutturalmente ibridato con gli oggetti culturali e tecnologici che ha prodotto. Con il termine “cymbionti”egli indica la simbiosi che si verifica tra uomo, ambiente, altri uomini e tecnologia. Se prima gli uomini erano “cymbionti strumentali”cioè utilizzavano l’ambiente, gli altri uomini e la tecnologia come “strumenti”per realizzare il proprio sviluppo, oggi sono “cymbionti strutturali”, nel senso che per loro è impossibile vivere senza la tecnologia, perché questa è diventata un elemento strutturale dell’ambiente in cui vivono, è un’estensione che l’uomo non può più scegliere di utilizzare o no, ma deve necessariamente utilizzare perché non può vivere, crescere e agire senza “un sistema nervoso digitale”.
    Anche Joel De Rosnay in “Che cosa è il cybionte?”afferma che il terzo millennio sarà l’epoca del cybionte, cioè ci sarà la creazione di un organismo planetario, un macrorganismo costituito dagli uomini, dalle città, dai centri informatici, dai computer e macchine. Il cybionte è un organismo ibrido, nello stesso tempo biologico, elettronico e meccanico. L’uomo del futuro per lei sarà simbiotico, cioè un essere fatto di carne e sentimenti, ma connessi con gli altri attraverso potenti mezzi di comunicazione. E’ convinta che internet, televisione e computer diventeranno una parte di noi, si creerà una simbiosi, nascerà un ibrido bioelettronico.

    Bibliografia e fonti:

    Vittorino Andreoli, La vita Digitale, Bur 2008
    Manuel Castells, Galassia internet, Feltrinelli 2010
    Paolo Ferri, Nativi Digitali, Mondadori 2011
    Tomas Maldonado, Reale e Virtuale,Feltrinelli 2007

    http://www.mediamente.rai.it/home/bibliote/intervis/d/derosnay.htm
    http://www.alterego.it/
    Paola Ginobello
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    Messaggio  Paola Ginobello Lun Mag 23, 2011 6:11 am

    L'argomento che ho scelto è "IMMAGINE DEL CORPO PERFETTO: SFUMATURE."
    Inizierò ad esporre come la società ed i media ci portano a pensare che la bellezza sia un valore assoluto ed abbia ed abbia canoni ben precisi. Così coloro che hanno le redini del potere massmediatico e le riviste degli adolescenti principalmente, stanno proponendo, soprattutto alle giovani donne, un percorso di autorealizzazione impossibile: per essere belle, accettate e vincenti bisogna essere non solo sempre più magre, ma anche sempre più omologate a dei modelli estetici stabiliti in modo artificiale. Da tale situazione si evince che è stato completamente abbandonato il modello fisico che attraeva nel passato, in quanto coincideva con un fisico predisposto alla maternità, dove le donne erano belle anche con qualche "forma in più"; ora la magrezza e la bellezza per raggiungere il successo ed il benessere. Adesso per eliminare le imperfezioni del corpo, che non permettono di rispondere ai canoni di bellezza si ricorre alla chirurgia plastica, oggetto delle tecnologie integrative. Con chirurgia estetica si intende quella parte della chirurgia plastica non volta alla ricostruzione di parti corporee precedentemente esistenti, ma finalizzata al cambiamento di parti del corpo al fine di apparire più belli.(wikipedia) Ormai il corpo umano si trova a vivere un rapporto molto complesso e travagliato con l'ambiente che lo circonda, ma anche con l'immaginario collettivo, perchè la tecnologia genera mutamenti non solo in quello che facciamo ma anche nel nostro modo di pensare. Infine la chirurgia plastica estrema e le protesi sono considerati elementi dell'essere cyborg meccanici, medici o vere e proprie protesi chirurgicamente applicate per motivi estetici.
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    Messaggio  Alessia Iovinelli Lun Mag 23, 2011 6:39 am

    Prof io mi sono prenotata per l'appello del 25\5.
    Ho scelto l'argomento di DEFORMAZIONI: IMMAGINE DEL CORPO PERFETTO:SFUMATURE
    Mi soffermerò a dividere il concetto di corpo e bellezza sia il loro rapporto difficile e l'intervento dei media quanto sia importante nella società di oggi,in un epoca in cui il culto del fisico della bellezza ha assunto un ruolo fondamentale soprattutto nella crescita personale e di quanto gli italiani siano costantemente a controllare il proprio peso corporeo, ma non è tutto perchè durbi di insoddisfazione corporea nascono sin dall'adolescenza età critica di insoddisfazione, insicurezza e continua ricerca del proprio io. Mi soffermerò poi sull'immagine della donna in particolare e di quanto sia cambiato nel percorso degli anni, dalle rivendicazioni femministe degli anni 60 e 70 pontendo l'attenzione su due ipotesi: la politica dell'oppressione del genere femminile e l'ideale di snellezza sinonimo di affermazione sociale che è dunque sinonimo ed espressione di autonomia, nonchè potere. Porrò poi in esempio due figure: Twiggy e Bridjet Jones...collegando poi al testo di "corpo,tecnlogie e disabilità", le tecnologie integrative e mi soffermerò sull'immagine di Oscar Pistorius, atleta paraolimpico che sin da piccolo però fu costretto all'amputazione di parte delle gambe a causa di una grave malattia e grazie alla tecnlogia avanzata egli è potuto diventare un grande atleta usufruendo della protesi in fibra di carbonio al posto delle gambe, e la notizia più grande è stata quando egli ha vinto la corsa..ma il suo svantaggio-vantaggio è divenuto un problema poi per poter partecipare alle Olimpiadi di Pechino nel 2008. Per quanto concerne i laboratori, ho scelto proprio: tecnlogie integrative e quello della resilienza proprio perchè come diceva David Hume "La bellezza delle cose esiste nella mente di chi le osserva".


    Ultima modifica di Alessia Iovinelli il Lun Mag 23, 2011 9:45 am - modificato 1 volta.
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    Messaggio  MariaRosaria Lettieri Lun Mag 23, 2011 8:32 am

    Partendo dal testo "Complessità della persona e disabilità" di Anna Maria Murdaca in cui l'autrice propone una nuova cultura e conoscenza della disabilità e dove emergono temi stimolanti come l'integrazione della persona con disabilità, intesa come un processo constinuo, come ricerca costante di soluzioni, di strategie, per preservare i diritti dei disabili (in paricolare dell'uguaglianza e delle pari oppurtunità), analizzo il tema degli AUSILI TECNOLOGICI entrati a pieno titolo a far parte, da diversi anni, nel novero delle soluzioni per l'autonomia e l 'integrazione di persone con disabilità.Delineando le diverse tipologie di ausili tecnologici mi soffermo sulle tecnologie integrative prendendo come esempio l'atleta Oscar Pistorius e Flavio Fogarolo con "Il computer di sostegno". Da quest'ultimo poi espongo l'importanza del computer come ausilio per autistici elencando i motivi e le ragioni per cui buona parte delle persone con autismo presenta facilità di approccio all'uso del computer. Infine affronto il tema della relazione educativa necessaria al recupero di persone disabili.

    Esporrò l'argomento di cui sopra il giorno 25 maggio.

    Le fonti

    • F. Fogarolo, Il computer di sostegno, Erickson, Trento 2007
      Briganti F. , Corpo, tecnologie e disabilità. Le tecnologie integrative, invasive ed estensive, Edizioni Manna, Napoli, 2010.
      Briganti F., Nozioni introduttive di pedagogia della disabilità: le potenzialità della resilienza, Edizioni Manna, Napoli, 2010.
      http://www.annaliistruzione.it/riviste/quaderni/
      http://digilander.libero.it/cfacilitata/main.htm
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    SINTESI ULTIMO ESERCIZIO  - Pagina 5 Empty Re: SINTESI ULTIMO ESERCIZIO

    Messaggio  AnnaDiSarno86 Lun Mag 23, 2011 9:55 am

    L'argomento che ho adottato per l'esposizone orale (che sarà il 25/05)è: DOMOTICA COME SUPPORTO ALLE PERSONE DIVERSABILI. Partendo da che cos'è la domotica ed i suoi vantaggi, mi collego al rapporto tra domotica e disabilità, sottolineando chi è il disabile,le barriere architettoniche che si trova ad affrontare giorno per giorno che gli impediscono di svolgere una vita "normale",e che cosa può fare la domotica per migliorare le loro vite e renderli autonomi,e infine mi collegherò a Renzo Andrich,coordinatore del SIVA(Servizio Informazione Valutazione Ausili),parlando degli ausili come strumenti utili per l'autonomia!
    Tutto il mio discorso è collegato a dei laboratori effettuati durante il nostro percorso: l'esercizio dell'orologio,sulle barriere architettoniche e sui diversi concetti di menomazione, deficit ed handicap,la testimonianza di Adele.

    Bibliografia e fonti:
    Domenico Trisciuoglio,Introduzione alla domotica
    Briganti F., Nozioni introduttive di pedagogia della disabilità: le potenzialità della resilienza, Edizioni Manna, Napoli, 2010
    Angelo Davalli, La domotica nell'autonomia dei disabili
    Renzo Andrich, EMPOWERMENT ED EDUCAZIONE ALL’AUTONOMIA
    www.labdom.it
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    SINTESI ULTIMO ESERCIZIO  - Pagina 5 Empty prevalenza sensoriale: immagini, silenzio visivo uditivo a confronto

    Messaggio  talotti laura Lun Mag 23, 2011 11:27 am

    In questa mia presentazione ho voluto concentrare la mia attenzione sui sensi, il silenzio e le immagini inserendo come richiesto due laboratori, ovvero: "lo scafandro e la farfalla" ricollegandomi al silenzio e ""l'esperimento della benda", in riferimento al tema delle immagini. Riporto qui di seguito una sintesi del mio elaborato, spero vada bene..
    I sensi: I sensi ci permettono di uscire dal nostro corpo. E' grazie ad essi, infgatti, che possiamo scoprire il mondo che ci circonda; Gli organi dei sensi, invece, distinguono le sensazioni e le fanno arrivare al cervello, che invia poi gli ordini ai muscoli per mezzo dei nervi motori. Se uno di questi sensi non funziona, gli altri si sforzano per compensare la mancanza.Ho in seguito riportato statisrtiche del segretariato sociale a proposito dei diversi tipi di disabilità e gli enti e le associazioni che rappresentano, tutelano e assistono i disabili sensoriali.
    -GRANELLI: Educare in quasi tutti i sensi è un discorso fondamentale per Granelli, secondo il quale l apedagogia del corpo è un' attitudine trasversale segnata dall'apertura ai sensi, ovvero alla messa in gioco di " pensieri- corpo- emozione" nella relazione.Granelli presta molta attenzione all'attualità, alla cura delle parole e ai silenzi.
    -Il silenzio: con esso si prepara il cuore ad ascoltare la voce interna e non a prestare attenzione solo a ciò che viene dall'esterno. Il silenzio è il grado zero della comunicazione e sua parte essenziale; con riferimento a Josè Schroorl (consulente e formatore in tecniche di comunicazione che segue l'approccio zoo antroppologico).
    Qui ho inserito alcune citazioni a riguardo tra cui : Seneca e Fiorentino.
    -MURDACA: parte dall'ascolto del corpo "emozioni e sensazioni corporee sono connesse tra loro"; quì ho inserito il laboratorio "lo scafandro e la farfalla".
    -LE IMMAGINI: hanno un ruolo fondamentale nella nostra vita. Roberto Maragliano ci insegna che "far parlare le immagini è come far parlare noi stessi". Le immagini assumono un ruolo fondamentale nella sindrome di Asperger: considerata un disturbo passivo/visivo dello sviluppo, una forma dello spettro autistico "ad alto funzionamento". I bambini affetti da questa sindrome, hanno una memorizzazione focalizzata su immagini visive. Qui mi collego al secondo laboratorio: l'esperimento della benda.
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    Messaggio  mariagraziarusso Lun Mag 23, 2011 1:15 pm

    l ARGOMENTO CHE HO SCELTO PER LA MIA ESPOSIZIONE DI GIOVEDI è DEFORMAZIONE CON IMMAGINI DEL CORPO PERFETTO:SFUMATURE E IL FEMMINILE MANCANTE.PARTENDO DA UNA BREVE INTRODUZIONE DEL CONCETTO DI DEFORMAZIONE MI SONO RIALLACIATA A QUELLO DI NORMALITA , DEL DISABILE E DEL DIVERSO.HO RIPORTATO ALCUNE CONCEZIONI DEL BELLO NELLE VARIE EPOCHE E COME I MEDIA INFLUISCONO NELLA NOSTRA SOCIETA ATTRAVERSO I MESS INVIATI COME LE DONNE LI PERCEPISCONO E LA LORO DISPONIBILITA A SOTTOPORSI A TRATTAMENTI ANCHE DI TECNOLOGIA INVASIVA.LA NOSTRA EPOCA E SEGNATA DAL FEMMINILE MANCANTE DOVE RITROVIAMO IL RUOLO DELLA DONNA EVOLVERSI DA QUELLO TRADIZIONALE A QUELLO INN CUI L UNICO OBIETTIVO è LA BELLEZZA E IL PROPRIO CORPO.MI SONO COLLEGATA A DUE LABORATORI:AZTORI E IMMAGINI DELLA DIVERSITA:ANORESSIA.
    SPERO CHE VADA BENE QUESTA SINTESI. A GIOVEDI.
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    Messaggio  immadalelio Lun Mag 23, 2011 1:21 pm

    Argomento numero 8 : Dematerializzazione?

    Dematerializzazione?
    Lo sviluppo della tecnologia nella nostra quotidianità ha cambiato radicalmente il rapporto tra l’essere umano e gli strumenti tecnologici, nel capitolo quattro del nostro libro “Corpo,tecnologie e disabilità” si parla nello specifico delle tecnologie estensive intese come ampliamento del corpo. Sulle tecnologie estensive molto interessanti sono le considerazioni di Andreoli , che nel suo testo “La vita digitale” scrive che le nuove tecnologie come i vari apparecchi e telefoni cellulari moltiplicano le nostre capacità sensoriali e fungono da vere e proprie protesi delle nostre funzioni corporali. Un altro teorico molto importante in questo campo è McLuhan, precursore del concetto di tecnologia COME ESTENSIONE DEL CORPO, fu anche il primo a parlare, quando ancora non conoscevamo internet, di “villaggio globale”, metafora che egli utilizzò per asserire che grazie all’evoluzione dei mezzi di comunicazione di massa, che avrebbero portato le persone di tutto il mondo a comunicare in tempo reale, le distanze si sarebbero accorciate, riuscendo a comunicare come gli abitanti di un villaggio. Grazie all’apporto di questi grandi teorici siamo entrati nella CMC ovvero la comunicazione mediata dal computer. Tali comunicazioni si dividono in sincrone,in tempo reale e volatili oppure asincrone , cioè possono essere connessi alla rete in tempi diversi e sono archiviabili. L’oggetto del nostro interesse è però quanto questo oggetto tecnologico sia diventato parte integrante del nostro corpo. A questo proposito collegherei il laboratorio del 14 aprile sulle tecnologie estensive e l’avatar, nel quale la docente ci fece assistere alla proiezione di una parte del film “Avatar” dove il protagonista, disabile sulla sedia a rotelle, al suo risveglio si trova nel corpo di un avatar e dimentica completamente la missione che doveva svolgere, in questo caso abbiamo un annullamento del corpo reale, ovvero il disabile è completamente proiettato nel virtuale, che dimentica quasi la sua condizione reale,ma come sappiamo l’avatar di cui ci occupiamo noi non possiede un corpo reale, ci sono la persona ed il suo avatar virtuale. Si può parlare di dematerializzazione? Questa è la domanda che ci poniamo quando ci riferiamo al rapporto tra reale e virtuale. Con l’arrivo di internet come nuova tecnologia e del mondo virtuale iniziamo a parlare di avatar,un alter-ego virtuale ideato dall’uomo, un personaggio di un gioco, un nikname da chat, un personaggio immaginario da videogame on line come The Sims e Second life. Per capire meglio cosa è , come è possibile che un uomo crei virtualmente un suo avatar e inizi ad interagire nel mondo virtuale con esso è importante capire la sostanziale differenza che c’è tra il corpo reale e il corpo virtuale, possiamo farlo avvalendoci dell’aiuto di un altro specialista del settore come Antonio Caronia. Nel suo libro dal titolo “Il corpo virtuale” il corpo diventa un corpo disseminato, corpo senza più centro. Le tecnologie digitali in particolare allargano gli spazi di libertà dell’uomo e permettono di “mettere in comunicazione a distanza non solo la voce, ma altre funzioni fisico-comunicative di due o più persone. Se il contatto sempre più intimo del corpo con le tecnologie elettromeccaniche intrusive ci fa pensare a un cambiamento della stessa ‘materia prima’ biologica del corpo, ma non certo a un deperimento della sua dimensione materiale, le tecnologie digitali sembrano andare invece verso un’evanescenza del corpo, verso una tendenziale scomparsa nella nuova immaterialità delle interazioni elettroniche”. Consideriamo il nostro corpo come la nostra più palpabile garanzia di identità e il legame più diretto con la natura, ma nel passaggio dalla società industriale, elettromeccanica a quella postindustriale, elettronico- informatica, la percezione del corpo e dell'io si trasforma, costringendo a una nuova antropologia che vede sullo sfondo il post-umano. Nel libro di Antonio Caronia, Il Corpo Virtuale, si discute proprio di questa metamorfosi spaziando dall’immaginario fantascientifico alla rivoluzione elettronica e digitale, per riflettere sulla nuova epoca che si è aperta con l’impatto profondo della tecnologia sul corpo umano, non privo di conseguenze radicali anche per la nostra cultura. Le nuove generazioni sono dipendenti da internet, o da qualsiasi altro tipo di tecnologia interattiva come il cellulare, la televisione , i social network . I bambini piccoli già sono proiettati nel mondo digitale attraverso l’utilizzo di videogame come il nintendo ds o la nintendo wii esempio lampante per descrivere il terrore della dematerializzazione, bambini che invece di essere educati alle relazioni, ed ai veri valori dell’amicizia, della natura ,della vita, vengono tenuti ore ed ore completamente in stato di alienazione davanti ad un pc o ad una televisione a fare giochi virtuali, immedesimandosi in un corpo che non è il loro. La tecnologia che era esplosa dall’uomo per modificare l’ambiente esterno ora sta implodendo nell’uomo stesso. Le tecnologie insomma mettono in discussione quello che Caronia definisce come “lo strumento primario del nostro rapporto col mondo” e che sta a fondamento del nostro senso di identità: il nostro CORPO. Così facendo ci confrontiamo con entità artificiali create e animate da noi, con l’ibridazione tra l’organico e il non-organico, e con la disseminazione del nostro corpo nella rete, rendendo gli scenari della fantascienza molto più reali di quanto si potesse pensare fino a qualche tempo fa. Combinando l'immaginario narrativo alla realtà della tecnologia contemporanea, l’autore ci conduce in un viaggio diverso dal solito facendoci scoprire che le fantasie più inquietanti e più audaci dell’età moderna sull’uomo stanno materializzandosi nel nostro tempo trasformando innanzitutto il modo di vedere il nostro corpo, tanto da chiedersi se “la disseminazione del corpo nelle reti telematiche ci autorizza a chiamarci ancora uomini” e se “non stiamo già davvero entrando nell’era del postumano”. Caronia esplora le pratiche che nascono intorno al corpo, come si modifica nell’immaginario sociale e quali nuovi rapporti si creano intorno all’ormai sottile confine tra naturale e artificiale, tramite tre linee di tendenza contemporanee: il corpo replicato, il corpo invaso e il corpo disseminato.
    Il corpo replicato
    Con l’avvento dell’industrializzazione si afferma la figura dell’uomo artificiale,che diventa il simbolo della fiducia nelle possibilità della scienza e dell’industria ma dall’altra parte tale figura viene temuta come “l’Altro” che minaccia e sostituisce l’uomo fino ad annullarlo, è il terrore che nasce dinanzi all’alterità. L’artificiale rappresenta quindi quel “doppio” che ci inquieta perché nasconde una profonda divaricazione tra apparenza ed essenza, riflettendo la nuova condizione del corpo artificiale nell’era industriale, meccanizzata e massificante: “la replica artificiale del corpo umano incarna infatti, da un lato, l’aspettativa che le forze produttive crescano in modo talmente smisurato da permettere all’uomo di creare il prodotto definitivo, cioè se stesso; ma dall’altro segnalano la paura che il corpo si meccanizzi, che l’uomo divenga uguale alle proprie creazioni”. Nell’epoca della tecnica si svolge contemporaneamente a questo percorso che vede della vita replicata artificialmente, anche un altro percorso che vede una invasione del corpo umano stesso, nasce così la figura dell’ibrido, del cyborg.
    Il corpo invaso
    Mettendo in crisi quella demarcazione tra naturale e artificiale la tecnica, abbiamo visto, interviene a ristrutturare l’individuo e il suo corpo. Ma se gli esseri viventi vengono modellati da tecnologie sempre più intelligenti e interattive, se le macchine si umanizzano e i corpi si riempiono di protesi e microchips, nasce in noi la sconvolgente domanda se al termine di questa trasformazione potremo ancora chiamarci “umani”.
    Corpo disseminato
    Ai processi di replica del corpo e di invasione del corpo si affianca così anche quello di disseminazione del corpo che in questa ultima forma minaccia e stravolge un rapporto fondamentale, quello tra corpo e identità. L’esperienza del corpo disseminato nasce con le tecnologie telematiche e virtuali: la telefonia è la “prima forma del ciberspazio” in quanto noi sperimentiamo uno spazio virtuale in cui possiamo interagire seppure solo tramite la voce. Nelle realtà virtuali (RV) invece l’esperienza del nostro corpo “de-materializzato”, “dis-locato” e "frammentato" diventa evidente: “il corpo abbandona la sua dimensione organica e permanente, presentandosi piuttosto come qualcosa di transitorio”, diventando quindi un simulacro virtuale di cui ci avvaliamo per interagire nell’ambiente digitale. Ma la realtà virtuale non è da intendere come spazio neutro bensì come spazio partecipativo , in questi mondi paralleli si riduce drasticamente quel rapporto tra le cose e noi, in quanto non si può separare l’osservatore, il soggetto, dall’osservato, l’oggetto, la RV infatti rompe lo schermo e nel suo ambiente immersivo ci incoraggia a una fruizione attiva.
    Caronia inoltre afferma che la risposta della mutazione comporta la scomparsa del corpo, sciolto nella rete. Il nuovo corpo artificiale e disseminato funziona come strumento di contatto e di inserimento nel nuovo paesaggio tecnologico, in una nuova dimensione del mondo in cui natira e artificiale si confondono.
    I tre corpi di cui ci parla Caronia sono limitrofi alle tecnologie integrative,estensive ed invasive che la docente propone nel suo libro “Corpo ,tecnologie e disabilità” la differenza è che Caronia non parla di disabilità nel suo corpo virtuale, invece la colonna portante di tutto il nostro corso è stata proprio la tecnologia in rapporto al corpo disabile. Per questi motivi le tecnologie integrative non trovano collocazione rispetto ai corpi del Caronia, mentre il corpo invaso si identifica con le tecnologie invasive e quello disseminato si identifica con le tecnologie estensive con la differenza che per la Briganti esse vengono intese come potenziamento e prolungamento al tempo stesso, non ad una perdita. L’idea che il corpo disseminato modifica il rapporto tra corpo e identità invece è condiviso da entrambi.
    Fonti:
    -testo”Corpo,tecnologia e disabilità” Floriana Briganti
    - http://www.estropico.com/id334.htm

    Immacolata D'Alelio
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    Messaggio  AprileAlessia Lun Mag 23, 2011 1:35 pm

    L’argomento che ho scelto di trattare è : “ Prevalenza sensoriale: immagini, silenzio, visivo e uditivo a confronto.
    I laboratori a cui ho fatto riferimento sono il n.4 “la simulazione” , il n.12 “l’Avatar” , e il n.13bis “ Immagini e arte”.
    L’idea di base della mia relazione è sancire la globalità dell’uomo, indivisibile nelle sue parti.
    Il proprio corpo, cioè il corpo senziente,ci insegna un modo di unità: io non sono di fronte al mio corpo ma sono il mio corpo. Tutto ciò che noi siamo e sentiamo parte dal corpo. Ancor prima di nascere il bambino nel grembo materno, attraverso il suo corpo sente la madre e l’affetto che nutre per lui. Quando nasce poi instaura la sua relazione con il mondo attraverso il corpo. Saranno gli stimoli esterni e il modo di percepirli a creare il proprio se.
    Attraverso il proprio modo di percepire, l’uomo costruisce il mondo , le sue relazioni, la sua identità.

    Nel corso della storia con lo sviluppo delle scienze, l’avvento delle tecnologie, hanno portato l’uomo verso un progressivo cambiamento. Si sono avviati processi di ridefinizione dell’identità , il corpo organico è andato incontro al tecnologico creando una nuova soggettività mutante.
    Negli anni Settanta nasce la Body Art, che usa il corpo come mezzo di espressione artistica. Il corpo è usato per allestire eventi estemporanei con movimenti corporei accompagnati da musica, elementi scenografici, danze, sequenze di azioni e gesti. La body art rende il corpo protagonista assoluto considerandolo soggetto e oggetto dell'espressione artistica ed esibendolo come opera. Vi è la volontà di provocare, di scuotere le convinzioni in fatto di arte. All'uso del corpo come linguaggio, ricorrono sempre più artisti contemporanei di differenti tecniche e tematiche. Caratteri che fanno da comune denominatore a questa maniera di fare arte: "la perdita di identità; il rifiuto del prevalere del senso della realtà sulla sfera emozionale; la romantica ribellione alla dipendenza da qualcuno o da qualcosa; la tenerezza come meta mancata e quindi frustrante; l'assenza (e l'angoscia che ne deriva) di una forma adulta, altruistica, d' amore".

    Con le tecnologie invasive l’uomo invadere da artefatti tecnologici,entrano a far parte del suo corpo stesso e nasce il Cyborg.
    Si tratta di organismi di natura ibrida che mettono in discussione le differenze tradizionali fra l’organico i l’inorganico, fra il vivente e l’inerte, tra il naturale e l’artificiale. Nel progressivo avvicinamento e penetrazione del corpo umano da parte di congegni elettronici: la pelle rappresenta la soglia principale: il corpo nella sua totalità psicologica, fisica, biologica, si lascia invadere piacevolmente e positivamente dalle nuove proposte tecnologiche, divenendo un habitat di esse. L’identità dell’uomo viene a frantumarsi per la costruzione di una nuova comunicazione identitaria degli individui. Un’identità che si smaterializza sempre di più. E’ sempre più sottile e lontana dal reale. Si assiste al progressivo allontanarsi del soggetto dalla sua corporeità. Corpo e soggetto si nascondono così sempre di più, diventano sempre più invisibili e ripiegati su se stessi.

    Il corpo si svuota e perde la sua unità.
    Dov’è l’uomo?

    L alinea sottile della sua vita si affievolisce sempre di più, due forse sono le soluzioni che è possibile prospettare:
    - che l’uomo possa riacquistare la vista, ritrovare la sua “anima” e tornare bambino per sentire ancora le diverse sensazioni che suscita in noi il senso del tatto (sentire se un oggetto è liscio, ruvido, duro, molle, grande , piccolo…), sentire i suoni prodotti dalle vibrazioni di vari oggetti, sentire il gusto del cibo sulla lingua (il dolce, l’amaro, il salato…),vedere con gli occhi pieni di nuova luce;
    - che l’uomo quando arriverà al traguardo limite della sua scienza e sarà completamente invaso dalle tecnologie, quell’ ”essere” che sarà diventato desidererà essere “Umano” e tenterà un viaggio a ritroso( se sarà possibile).



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