Il marginale, o l'emarginato, è colui che non rientra nelle norme e negli stili di vita delle classi privilegiate, che non si adegua a cultura e modello sociale dominante, che è considerato pericoloso, inferiore, portatore di inquietudine e incertezze, di discredito morale e disordine sociale, il più delle volte per le sue caratteristiche psicologiche e fisiche (carattere particolarmente introverso, carattere particolarmente estroverso, malattie mentali, malformazioni, colore della pelle). Il marginale è l'altro, il diverso di cui non si ha possibilità, né volontà (aggiungerei), di conoscere a fondo, e su cui pregiudizio, etichette e stereotipi prendono il sopravvento. La società, la maggioranza, hanno da sempre la tendenza ad allontanare l'inconoscibile, categorizzandolo come ingiusto. L'uomo ha bisogno di essere rassicurato, in un mondo dove ormai nulla è definito, e con etichette e tipizzazioni cerca di ovviare al problema. Purtroppo a pagare sono proprio coloro di cui si ha paura, i quali vengono posti "ai margini della pagina", esclusi dalla vita sociale e di conseguenza indirizzati verso una condizione di potenziale pericolo per se stessi e per la società tutta. Tale condizione è quella per la quale dalla marginalità si passa alla devianza, e a lungo andare, senza prevenzione né controlli, dalla devianza alla delinquenza e al crimine. Infatti devianza e delinquenza si realizzano come frutto di contesti deprivanti a livello sociale, economico, affettivo, culturale, ma anche come conseguenza di un processo di esclusione ed emarginazione attuato dalla società stessa.
Questo è purtroppo un tema che resta scottante, che sembra affievolirsi solo a parole, solo teoricamente. Certo non si è più allo stato di emarginazione come eliminazione fisica e persecuzione, non si è più di fronte ad un nazismo genocida, con il suo più efferato razzismo, né più di fronte ad un apartheid estremamente rigido nei confronti dei neri del Sudafrica. I progressi ci sono stati ma scrutando bene i meccanismi attraverso cui la nostra società si muove tali progressi sono solo apparenti, servono solo a mascherare la realtà.
Il "Sindaco" del gioco-laboratorio è reale, ha poco del gioco. Ci sono sindaci emarginanti in ogni dove, il nostro mondo ne è traboccante, ognuno di noi può essere, o essere stato almeno una volta, un "Sindaco", magari anche inconsapevolmente. L'esperimento fatto in aula è stato divertente nella sua durata, ma le riflessioni che ne sono scaturite sono state spiacevoli e disilluse, perché dopo il gioco ci si rende conto che quel gioco è stato, anche se solo per un attimo, specchio della realtà, una realtà triste che si vorrebbe cambiare. Stavamo giocando ma ho sperimentato comunque una sorta di senso di colpa, e questo non tanto perché ho contribuito all'esilio delle mie compagne nonostante portassi le lenti a contatto, quanto per il fatto che mi sono resa conto che in una situazione reale probabilmente avrei fatto lo stesso, mi sarei nascosta, precludendomi così la possibilità di dare una mano in più alla lotta per i propri diritti. Grazie ad un esempio di emarginazione banale come quello degli occhiali, ho capito che è dalle piccole cose, dalle banalità che dobbiamo partire per rafforzare il nostro senso di accettazione dell'altro, in modo da poter poi essere in grado di vederlo come un nostro pari a tutti gli effetti. L'uomo è sempre diverso, ma la diversità è particolarità, ognuno deve sentirsi libero di scegliere, di essere e di esprimersi per ciò che è senza dover badare a qualsivoglia discriminazione.