La citazione dello scrittore Jorge Luis Borges scelta dalla professoressa Briganti è molto utile perché ci dà la contezza dell’utilità delle tecnologie estensive: la capacità di espandere la propria memoria e la propria immaginazione attraverso i libri non è da sottovalutare. Allo stesso modo, i telefoni cellulari o le apparecchiature come l’I-Pad, l’I-Pod oppure i computer portatili fungono da protesi alle nostre funzioni corporali, come ha illustrato Vittorio Andreoli nel libro “La vita digitale”. Tanti sono stati gli studiosi che hanno indagato l’influenza dei media nella società del secondo ‘900. McLuhan, Postman, Eco, Morin, Andreoli, sono solo alcuni dei nomi illustri che hanno trattato con estrema precisione e dovizia di studi l’influenza dei media e delle tecnologie nella vita di ognuno. Come sottolineò Umberto Eco nel suo libro “Apocalittici e integrati”, nel quale riportava le posizioni di quelli che erano contrari ai media o favorevoli ad essi, è oggi inutile, perché i media e le tecnologie sono entrati a far parte della nostra società. Piuttosto, risulta molto utile riflettere sulla possibilità di un uso ragionato degli strumenti che la tecnologia ci offre. McLuhan nei suoi testi (Galassia Gutembreg; Gli strumenti del Comunicare ed altri) ha ipotizzato appunto un uso ragionato dei media, intuendone non solo i limiti ma anche le potenzialità, come appunto la grande capacità di coinvolgimento che le tecnologie rappresentano. Il villaggio globale di cui parlava McLuhan è oggi una realtà ed effettivamente, in alcune situazioni, la rete è uno strumento di condivisione altamente democratico: essa infatti offre la possibilità di comunicare notizie anche importanti e di diffonderle, facendole arrivare ovunque, anche dall’altra parte del globo, in tempo reale, e quindi consente a molte persone di conoscere avvenimenti che in un’altra epoca sarebbero stati appannaggio di pochi. Dagli amanuensi, che nel corso del Medioevo copiavano a mano i testi classici che poi erano consultati solo dalla Chiesa, siamo arrivati ad una diffusione della cultura molto più vasta. Non dimentichiamo le parole di Tullio De Mauro: nella diffusione della lingua italiana dopo l’Unità ha contribuito la televisione, riuscendo laddove la scuola ed i libri avevano fallito a causa della dispersione scolastica e del diffuso analfabetismo. Ma, come Giano bifronte, le potenzialità di Internet possono essere usate in maniera fuorviante, attraverso la rete possiamo diffondere informazioni false o dare notizie riguardanti la vita privata di qualcuno: il cyber-bullismo o lo stalking, ad esempio, sono solo alcuni dei reati penali che si possono commettere attraverso Internet. Alla luce di quanto detto, le riflessioni di Postmann sulla possibilità di un utilizzo ‘ecologico’ dei media, cioè un uso integrato, ragionato e consapevole dei media e delle tecnologie virtuali assumono un valore immenso. Il forum del corso di Pedagogia della Disabilità rappresenta un esempio a noi molto vicino di come le tecnologie possano essere strumenti di condivisione e conoscenza. Allo stesso modo, le piattaforme per l’e-lerning consentono a tante persone di poter seguire dei corsi senza sostenere le relative spese di spostamento. Purtroppo però l’uso che oggi si fa di Internet non è sempre positivo: credo che la tecnologia abbia trasformato la nostra vita e non sempre in maniera positiva. L’abitudine di trascorrere intere giornate in chat o su social network come facebook rende i giovani di oggi impreparati ad affrontare la vita reale: le attese, ad esempio, e con esse la capacità di saper aspettare, l’educazione al desiderabile piuttosto che la smania di avere tutto e subito, di cui tanto si parla nell’ambito della prevenzione del disagio giovanile, sono atteggiamenti mentali che si acquisiscono vivendo la vita nei tempi che la vita ci dà. Il fatto che oggi possiamo essere sempre raggiungibili, in qualunque momento e dovunque noi siamo, ci fa erroneamente credere che le cose accadano in un battito di ciglia. Anche la telefonata di un fidanzato, ad esempio, non si aspetta più a casa, fantasticando su cosa diremo e cosa ci dirà, ma la si aspetta in strada, anzi non la si aspetta, distratti dai mille stimoli che la vita ci offre. Questo bombardamento di informazioni, la sensazione di dover sempre essere impegnati a far qualcosa, ci porta a perdere il contatto con noi stessi e ci fa frammentare in una miriade di immagini, in cui veniamo scomposti e che ci rimandano un’idea di noi frammentata. E proprio riflettendo su questi argomenti durante il laboratorio di oggi, incentrato sull’Avatar, ho capito che non condivido del tutto la possibilità di poter vivere una vita parallela, come se fossimo i personaggi di un romanzo o di un film. L’alter ego, dai luoghi della letteratura, si è trasferito sugli schermi dei nostri pc. Lo sforzo che uno scrittore faceva per romanzare le vicende della propria vita si è perso, oggi basta accendere il computer e far vivere un altro da noi, senza fantasia, senza sforzi. Quello che vorremmo essere, quindi, piuttosto che influire sui nostri comportamenti quotidiani in modo da avvicinarci nella realtà all’ideale che abbiamo di noi, lo siamo su Internet. Come ha sottolineato Vincenzo Raia, non credo che sia del tutto positivo che una persona disabile possa camminare nel mondo virtuale mentre nella realtà non può farlo. Se dobbiamo definire i disabili persone con disabilità, proprio perché dobbiamo imparare a capire che sono persone con pregi e difetti, esattamente come lo siamo noi, non possiamo ritenere che essi vivano le loro giornate pensando a quello che non possono fare! E’ una contraddizione in termini: se noi non dobbiamo considerare le persone con disabilità basandoci su quello che non possono fare, perché loro stessi dovrebbero considerare se stessi per sottrazione? Alla luce di questo perderebbero di senso tutte le classificazioni successive all’ICD e contenute nell’ICF che sostituiscono i termini menomazione, disabilità e handicap con funzioni, strutture corporee, attività e partecipazione. Il corpo a cui siamo attaccati, di cui parla Sandy Stone, ha bisogno di essere vissuto e agito nel mondo reale, a cui appartiene. Ben venga Internet, ben venga la possibilità di allacciare e mantenere contatti con persone lontane da noi ma guai a perdere il contatto con la realtà che ci circonda perché la vita va vissuta dal vero. A volte, oggi, ci stupiamo della fragilità dei ragazzi ma poi non ci scomponiamo quando trascorrono le loro giornate tra televisione e computer: la resilienza, il saper guardare avanti, la forza per superare un lutto o una difficoltà sono attitudini che si imparano sperimentandole sulla propria pelle e superandole. L’arte di vivere si impara vivendo, non nascondendosi dietro lo schermo di un computer.
complimenti Stefania hai compreso esattamente come intendevo procedere nell'intervento in cui si riflette e studia. la docente
Ultima modifica di Stefania Lamberti il Gio Apr 14, 2011 3:14 pm - modificato 1 volta.