Pedagogia della disabilità 2010-11

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Pedagogia della disabilità 2010-11

Stanza di collaborazione della classe del corso di Pedagogia della disabilità (tit. O. De Sanctis) a cura di Floriana Briganti a.a. 2010-11 periodo marzo-maggio 2011


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    8BIS. lab. 31 marzo IL DISABILE IN CARCERE CATERINA (FACOLTATIVO)

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    8BIS. lab. 31 marzo IL DISABILE IN CARCERE CATERINA (FACOLTATIVO) - Pagina 10 Empty Re: 8BIS. lab. 31 marzo IL DISABILE IN CARCERE CATERINA (FACOLTATIVO)

    Messaggio  fabiana coppola Mar Apr 19, 2011 9:01 pm

    L'argomento trattato oggi è stato molto interessante, perchè il disabile è già una persona che trova difficoltà ad inserirsi nella nostra società,figuriamoci un disabile che deve integrarsi con la realtà del carcere. Già il carcere offre un ambiente malsano(celle strette,sporche)in più il personale che, dovrebbe rendere queste persone capaci di affrontare con dignità il mondo esterno alle carceri,una volta liberi da esse,spesso non è preparato adeguatamente. Bisognerebbe attrezzare delle aree che non mostrino barrire architettoniche e in più seguire ed aiutare il reo per non permettere di alimentare dentro di sè atteggiamenti aggressivi che poi potrebbero mettere in atto una volta usciti dalle carceri.
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    Messaggio  carmen viscovo Mer Apr 20, 2011 1:32 pm

    "Il disabile in carcere" questo è stato il tema trattato la volta scorsa,grazie all'esperienza riportataci dall'educatrice Caterina nel carcere di Rebibbia.Caterina ci ha raccontato di come vivono queste persone rinchiuse in carcere,delle loro condizioni disastrose,di degrado e della loro perdita di dignità.Persone che non vengono considerate come tali,vengono private dei beni primari,dell'assistenza medica,psicologica e culturale,che dovrebbero essere,almeno sulla carta,basilari al fine del reinserimento sociale così tanto decantato dalle leggi "svuota carceri".Al riguardo ho trovato una frase che mi ha particolarmente colpito,si tratta di una lettera di un detenuto del carcere di Rebibbia ai compagni di Radio Onda Rossa:"da qui non si esce e fin troppo spesso si muore e,se si è fortunati da giungere fino al fine pena illesi,ci sono poche possibilità di migliorare il nostro futuro,se non quella di incontrarci nuovamente ospiti di tanti Hotel Millesbarre che il nostro Belpaese ci offre".Credo sia giusto che i rei debbano avere una pena da scontare per poter riflettere sugli sbagli commessi,ma credo sia altrettanto giusto rispettarli e offrire loro la possibilità di riscattarsi nella vita.
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    Messaggio  antonella calabrese Mer Apr 20, 2011 2:43 pm

    Dopo la testimonianza di Caterina, mi sono informata circa la situazione delle carceri Italiane che hanno detenuti disabili. Questi i risultati:
    La regione italiana con il maggior numero di detenuti disabili risulta essere la Lombardia: alla fine del 2008 negli istituti di pena della regione risultavano reclusi 121 detenuti con disabilità fisica e motoria, di cui 13 a San Vittore e 82 a Opera. Fra le regioni più "affollate" anche la Campania con 96 detenuti, il Lazio (51), le Marche (34, di cui 28 ipovedenti detenuti nella struttura di Fossombrone) e la Toscana (31). Seguono Sicilia (34), Piemonte e Valle d'Aosta (23), Veneto, Trentino e Fvg (20), Puglia (17), Emilia-Romagna (16), Sardegna (16), Calabria (14), Umbria, Abruzzo-Molise, Liguria (tutte con 3 detenuti) e, infine, Basilicata (1)”.

    DISABILITA' DIETRO LE SBARRE - DIECI DETENUTI CON PROBLEMI MOTORI A RAGUSA
    E' l'unico istituto penale della regione dotato di un reparto attrezzato per "minorati fisici".

    RAGUSA - La casa circondariale di Ragusa è l'unica che in tutta la Sicilia ha una sezione attrezzata che accoglie i detenuti disabili che vengono da altre parti dell'Isola.
    L'istituto penale, infatti, è dotato di un reparto per il ricovero di persone detenute affette da patologie croniche invalidanti (minorati fisici).
    Per il momento sono presenti dieci detenuti che hanno delle disabilità soltanto di tipo motorio; alcuni sono in carrozzina. A parlare del tipo di organizzazione penitenziaria è il direttore della casa circondariale Santo Mortillaro, insediatosi da soli tre mesi.
    "Il carcere ragusano dispone di un'area attrezzata all'interno della quale i detenuti con disabilità riescono a muoversi liberamente - riferisce Santo Mortillaro -. All'interno della sezione attrezzata sono stati adottati tutti i tipi di accorgimenti relativi all'abbattimento delle barriere architettoniche".
    Ognuno dei dieci disabili risiede, infatti, in una cella singola che è più ampia di quelle ordinarie al fine di consentire il passaggio delle sedie a rotelle e l'accesso ai servizi igienici. "A provvedere ed assisterli in tutte le loro necessità oltre al personale penitenziario si aggiunge il personale del servizio sanitario nazionale - continua il direttore del carcere -. All'interno dell'istituto penitenziario, infatti, i detenuti possono fare periodicamente fisioterapia con personale specializzato munito di attrezzature adeguate ai bisogni secondo le richieste del fisiatra".
    "Ai detenuti disabili viene garantito, pure, un servizio trattamentale caratterizzato dall'intervento di psicologi, educatori e psichiatri - aggiunge -. Una vera e propria organizzazione specializzata che si occupa sia di loro che di tutti gli altri detenuti. Si tratta di operatori specializzati e adeguatamente formati e sensibili a potere avere contatti con queste persone".
    Il personale dell'area socio-educativa che si dedica a loro è lo stesso che presta servizio a tutti gli altri detenuti. Il personale cerca di dare sostegno attraverso i colloqui e cerca pure di venire incontro alle varie richieste, presentandole, se è il caso, alla direzione. "I detenuti disabili fanno socialità fuori dalla cella insieme agli altri detenuti della casa circondariale. - continua il direttore -. Ci sono ore della giornata che stanno fuori dalla loro camera e riescono a socializzare con tutti gli altri detenuti. Fanno socialità anche nel corridoio con altri detenuti al fine di evitare la nascita di possibili forme di emarginazioni".
    Nell'Istituto prestano servizio 5 infermieri. Per assicurare un idoneo servizio di assistenza sanitaria é attiva, con rapporto convenzionale, la guardia medica per 18 ore nei giorni feriali e di 24 ore nei giorni festivi. Il servizio infermieristico é attivo per un massimo di 20 ore al giorno, suddivise fra il personale infermieristico a disposizione.
    Prestano servizio di consulenza, con rapporto convenzionale, i seguenti specialisti: chirurgo, dermatologo, fisioterapista, ginecologo, fisiatra, infettivologo, oculista, odontoiatra, otorinolaringoiatra, pediatra, psichiatra e psicologo. Esiste un presidio per soggetti tossicodipendenti, che opera in collaborazione con il Servizio Tossicodipendenti del servizio sanitario nazionale, in cui è prevista la presenza di un medico, un infermiere, un gabinetto odontoiatrico attrezzato per la fornitura della protesi dentaria e un gabinetto fisioterapico.
    Il direttore per il momento non ha da segnalare alcun tipo di problema e non esclude il contatto ed il confronto in futuro con le altre case circondariali che accolgono i detenuti con disabilità. Per lo stesso motivo sarà ugualmente pronto a fare conoscere eventuali buone prassi e progetti a favore dei reclusi con disabilità. (Serena Termini)
    (20 ottobre 2008)


    L'incompatibilità con il carcere. La malattia e la disabilità non sono incompatibili con la detenzione.
    Anzi accade spesso che chi varca la soglia del carcere porti con sé gli esiti di un trauma o di una malattia che hanno ridotto le sue capacità motorie o mentali. "Non esiste in Italia una normativa specifica per i detenuti disabili", afferma Francesco Morelli, di Ristretti Orizzonti. "Uno dei principali riferimenti normativi per la disabilità in carcere - spiega Morelli - è l'articolo 47 ter dell'Ordinamento Penitenziario, relativo alla detenzione domiciliare": in base al comma 3, "la pena della reclusione non superiore a quattro anni, anche se costituente parte residua di maggior pena, nonché la pena dell'arresto, possono essere espiate nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero in luogo pubblico di cura, assistenza o accoglienza, quando trattasi di persona in condizioni di salute particolarmente gravi, che richiedano costanti contatti con i presidi sanitari territoriali".
    -La Repubblica –


    Sono sincera: fino a questa lezione, non mi ha mai neppure sfiorata l’idea che un disabile potesse essere in carcere: secondo me le carceri italiane dovrebbero prendere in considerazione l’idea di adattare le infrastrutture interne agli spazi carcerari così da essere adatte ad ospitare anche eventuali detenuti disabili.
    Circa i detenuti “normali”, sono d’accordo con tutto ciò che si dice, soprattutto nel nostro corso di laurea: bisogna abbandonare i pregiudizi, non bisogna lasciarsi condizionare dai reati commessi dai detenuti, bisogna favorire il processo di reintegrazione nella società, bisogna avere un trattamento umano nei confronti dei detenuti, rispettare la loro dignità (Art.1 Ordinamento Penitenziario:
    Trattamento e rieducazione
    Il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona.
    Il trattamento é improntato ad assoluta imparzialità, senza discriminazioni in ordine a nazionalità, razza e condizioni economiche e sociali, a opinioni politiche e a credenze religiose.
    Negli istituti devono essere mantenuti l'ordine e la disciplina. Non possono essere adottate restrizioni non giustificabili con le esigenze predette o, nei confronti degli imputati, non indispensabili ai fini giudiziari.
    I detenuti e gli internati sono chiamati o indicati con il loro nome.
    Il trattamento degli imputati deve essere rigorosamente informato al principio che essi non sono considerati colpevoli sino alla condanna definitiva.
    Nei confronti dei condannati e degli internati deve essere attuato un trattamento rieducativo che tenda, anche attraverso i contatti con l'ambiente esterno, al reinserimento sociale degli stessi. Il trattamento é attuato secondo un criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche condizioni dei soggetti.)

    tutto giustissimo..ma spesso e volentieri non sono d’accordo su alcuni aspetti: ad esempio non sono d’accordo sulle riduzioni di pena per i reati gravi: stupro, omicidi..
    per quanto attiene i maltrattamenti, mi sembra opportuno sottolineare come la dignità umana vada salvaguardata sempre e comunque, che si tratti di persone libere o non, senza trincerarsi, ad esempio, dietro il problema del sovraffollamento, che viene talvolta invocato per “giustificare” alcuni episodi del tutto inaccettabili.
    A tal proposito, qualche mese fa è stata condotta una ricerca nel mio territorio sul sovraffollamento delle carceri della provincia di Avellino:

    http://notizieirpine.wordpress.com/2011/01/08/sovraffollamento-carceri-in-irpinia-300-detenuti-in-piu/










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    Messaggio  ChiaraDiNola Mer Apr 20, 2011 7:14 pm

    Durante la lezione del 31 marzo Caterina ci ha raccontato la sua esperienza all’interno del carcere di Rebibbia.Dal racconto si evince una preoccupante realtà carceraria. Attraverso alcune foto Caterina ci ha spiegano le condizioni disumane nel quale si trovano a vivere i detenuti.Ascoltando il racconto di Caterina mi è tornata in mente una frase di Pagano ,direttore del carcere di San Vittore , frase incontrata durante lo studio di Pedagogia della devianza.Tale frase affermava “ Rinchiudere le persone in carcere è il modo + costoso per renderle peggiori” sono pienamente d’accordo con questa frase. Come è possibile rieducare un soggetto che ha commesso un reato se viene violata la sua dignità e rinnegato il suo essere uomo.Le condizioni in cui si trovano a vivere questi soggetti sono veramente riprovevoli ( 2 rotoli di carta igienica al mese,mancanza di asciugamani, attesa lunghissima per ricevere un medicinale ) insomma essere un detenuto equivale ad essere un animale , anzi gli animali si trovano in condizioni migliori rispetto ai detenuti.Dal racconto di Caterina si evince il difficile ruolo dell’educatore in carcere. Secondo l’oridamento penitenziario gli elementi per dar vita ad un attività educativa in carcere sono principalmente 2 .Il primo è rappresentato dal RICONOSCIMENTO DELLA DIGNITA’ DELLA PERSONA, il secondo sottolinea la necessità di un trattamento penitenziario UMANO. L’art.17 dell’oridamento penitenziario stabilisce che la pena deve assumere un carattere riabilitativo ,finalizzato al reinserimento sociale del soggetto che ha commesso reato.Lo scopo non è solo la prevenzione , evitare quindi che il soggetto possa ricommettere un comportamento anti sociale,ma anche eliminare tutti quegli elementi che impediscono o limitano le possibilità di far si che il soggetto possa partecipare alla vita sociale.Essere un educatore in carcere è molto difficile , in quanto l’educatore deve essere una guida per il detenuto, ma soprattutto non deve farsi influenzare dal reato commesso da quest’ultimo.Esso deve comunicare , dialogare con il detenuto cercando di capire le sue difficoltà, condividendo con lui gioie e doliri, cercando di costruire una nuova vita.Anche dal racconto di Caterina si evincono numerose difficoltà e numerose barriere archietettoniche che il disabile incontra in carcere,cosi come avevamo costatano nelle prime lezioni sulle barriere archietettoniche che il disabile incontra nella società.Bisogna assolutamente cercare di modificare le condizioni di vita dei soggetti in carcere, cercare di modificare la struttura carceraria rendendola + idonea anche ai soggetti disabili.
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    Messaggio  Rossella Gargano Mer Apr 20, 2011 9:23 pm

    La cosa che continua a ronzarmi in testa è il rispetto per qualsiasi persona, del"senso di umanità".
    Il carcere è già una pena, chi viene condannato deve comunque vivere in condizioni alquanto precarie, ma la sua pena non deve essere una condanna a morte.
    Un condannato che sarà maltrattato, non imparerà niente se non a sentirsi poco meno di un animale quando sarà malato e non gli sarà dato medicinale.
    La legge che ha stabilito che il condannato deve essere rieducato, in Italia la pena di morte non esiste legalmente ma se vengono trattati in questo modo, è come se ci fosse, anche se in modo meno evidente e dal carcere il detenuto non imparerà nulla.
    Non oso immaginare poi le persone che sono carcerate per errori giudiziari e sono costrette a subire ciò.
    Il carcerato disabile poi credo debba essere comunque tutelato in quanto non normodotato e scontare la sua pena senza che essa diventi una morte lenta e sofferta non solo fisica ma psicologica.
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    Messaggio  Anna Maria Carusone Mer Apr 20, 2011 9:46 pm

    L’esperienza diretta che Caterina ci ha raccontato nel carcere di Rebibbia mi ha fatto riflettere molto. Addirittura io, ingenuamente, prima di questa lezione pensavo che potesse esistere un carcere apposito per persone diversamente abili e invece non è così. Le condizioni che ci ha descritto Caterina in cui si trovano i detenuti sono davvero indescrivibili: non avere a disposizione la carta igienica, asciugamani e la completa assenza di attenzione alle ferite anche minime che i detenuti possono avere durante la loro permanenza in carcere comporta ulteriori disabilità, anche se la legge, quella che resta solo scritta, prevede cura e attenzione ma soprattutto la garanzia del rispetto e della dignità umana, cosa che in pratica non viene riscontrato.
    Ammiro il lavoro di Caterina che quotidianamente tocca con le proprie mani tutto questo e soprattutto mi affascina il suo modo di agire e ne sono pienamente d’accordo, interagire con il detenuto senza sapere il suo reato che possa influenzare lo stesso educatore. Quest’ultimo deve portare il proprio interlocutore ad un approccio ottimistico con la vita, fatta non solo di negatività ma anche e soprattutto di cose meravigliose da vivere; valorizzare la persona per ciò che di diverso ha dalla massa, e come afferma Anna Maria Murdaca per “la sua capacità di sentire, di fare, di agire e di pensare nell’unico suo modo specifico e personale”, ancora di più nelle persona disabili. Qualsiasi detenuto deve intraprendere il percorso del carcere come un periodo di ri-educazione che possa far scoprire in se stesso il meglio, perché tutti, anche coloro che compiono crimini, dentro, nel profondo posseggono il bello, tutti abbiamo qualcosa da poter offrire al prossimo. Certo la perfezione non esiste ma si deve sicuramente puntare ed ottenere un miglioramento della persona e la figura dell’educatore nel carcere, secondo me, deve riuscire proprio a fare questo, offrire la propria disponibilità, aprendo al dialogo chi ne ha bisogno. Solo in questo modo la fine del carcere può rappresentare un nuovo inizio di vita integrato nella società…
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    Messaggio  Amelia Orlando Mer Apr 20, 2011 9:53 pm


    Metto questa canzone perchè mi fa pensare a quando io all'ultimo anno di liceo dato che facevo parte del progetto alla legalità ci hanno portato al carcere di Nisida, mi ricordo ancora quell'esperienza, mi ricordo anche che avevo 39 di frebbe ma voletti andare per forza. E bene, questa canzone mi fa ricordare proprio quei ragazzi minorenni, chiusi li dentro, tra le loro mura e il mare.
    Art 27 della Costituzione: le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.
    Ma in realtà è così?Lecarceri italiane fra sopraffollamento,e suicidi, rieducano il detenuto?O lo rendono più cattivo??
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    Messaggio  teresamemoli Mer Apr 20, 2011 10:04 pm

    Oggi in classe abbiamo vissuto due esperienze educative che ci fanno riflettere molto. Una delle due è stata l'esperienza raccontata da Caterina dell'educatrice in carcere.
    Ho visto una realtà che non immaginavo. Ciò che mi ha lasciato senza parole è stato come i detenuti vengono trattati, come, nonostante le leggi che sono state emanate nel tempo, la persona in carcere viene trattata in maniera differente rispetto ad una persona che non ha commesso reato.
    Ciò che non riesco a comprendere è come facciano a vivere in molti in una cella piccola e a volte senza avere nemmeno l'occorrente per poter curare la propria igiene.
    E' vero una persona se sta in carcere vuol dire che ha sbagliato, che ha commesso un errore, che ha violato una legge della società in cui vive, ma non per questo deve essere maltrattato.
    In carcere ci sono anche molti disabili, in quanto anche loro come tutti possono sbagliare. Purtroppo il più delle volte queste strutture non sono fatte per permettere ad un disabile di vivere in carcere a causa delle scale non attrezzate di scivoli o pedane per il passaggio di una carrozzina, oppure un passaggio troppo stretto da rendere difficile anche il passaggio di una bacinella.
    Il più delle volte quando entra un detenuto in carcere non si guarda se questo è disabile e viene collocato in una stanza che non permette facilmente di arrivare in giardino e siccome le celle sono piccole e strette è impossibile anche far entrare la carrozziana per stare un pò seduti alla finestra quindi il reo è costretto a stare fermo a letto a meno che non chiede aiuto.
    Il disabile, come abbiamo detto anche in altre lezioni, è autonomo se ci sono le condizioni che lo permettono. Qualsiasi edificio indipendentemente da cosa esso rappresenti se una scuola, un carcere, un palazzo... deve essere attrezzato in modo da permettere al disabile di vivere in maniera libera ed autonoma senza dover chidere aiuto o dipendere dagli altri.
    Se una persona ha sbagliato, indipendentemente se è disabile oppure no, è giusto che paghi, ma non bisogna mai dimenticare che è un essere umano e deve essere trattato come tale.
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    8BIS. lab. 31 marzo IL DISABILE IN CARCERE CATERINA (FACOLTATIVO) - Pagina 10 Empty 31 MARZO il disabile in carcere (caterina)

    Messaggio  martinellimaddalena Mer Apr 20, 2011 10:22 pm

    Oggi abbiamo ASCOLTATO l'esperienza di una educatrice,di nome Caterina che lavora nel carcere di Rebibbia.IL suo racconto racconta come i detenuti vivono nel carcere in condizioni pietose,infatti essi non hanno sapone nè asciugamani e si devono asciugare con le federe dei cuscini,in tutto questo possono avere solo due rotoli di carta igienica al mese.
    Essi vivono in celle sporche e strette e tutto questo li fa sentire ancora più emarginati dalla società.
    Per i soggetti disabili la situazione è ancora più grande perchè essi si trovono in celle con diverse barriere architettoniche e sono costretti a chiedere aiuto ai compagni di cella.
    Per me tutto questo è ingiusto perchè la dignità delle persone disabili viene,in questi ambienti,calpestata ancora di più.
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    Messaggio  GiusyDell'Isola Gio Apr 21, 2011 10:01 am

    Oggi Caterina (educatrice nel carcere di rebibbia)ci ha raccontato la sua esperienza nel carcere .Sono rimasta sbalordita dalle condizioni di vita in questi carceri.Ha raccontato le difficoltà che hanno i detenuti perchè non posseggono oggetti di prima necessità come ad esempio saponette, carta igienica .Vi è anche poca assistenza medica,e per quasto una ferita lieve può dvenire grave infezzione.altro elemento nel carcere sono le persone affette da disabilità,le quali si ritrovano ad affrontareanche all'interno dei carceri la mancata possibilità di avere una propria autonomia.
    Abbiamo anche affrontato il tema dell'educatore,e qui mi ha colpito una frase d Caterina :"la maggior parte delle volte non chiedo neanche il motivo per cui si trovano lì".E secondo il mio parere è giusto che sia così,in modo che non vi possano essere influenze e giudizi.l'educatore deve svolgere un intervento di recupero per un futuro reinserimento sociale, se non viene insegnato loro il rispetto verso gli altri, verso le regole, ecc le cose non cambieranno.
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    8BIS. lab. 31 marzo IL DISABILE IN CARCERE CATERINA (FACOLTATIVO) - Pagina 10 Empty Re: 8BIS. lab. 31 marzo IL DISABILE IN CARCERE CATERINA (FACOLTATIVO)

    Messaggio  Francesca Licata Lun Apr 25, 2011 11:24 pm

    La testimonianza di Caterina oltre ad essere stata interessante(per il tema ed i contenuti espressi con estrema chiarezza) credo sia stata innanzitutto autentica.
    In primo luogo a colpirmi è stata senza dubbio la sua genuinità.
    Non è stato difficile lasciarmi trasportare dalle sue parole,immaginare per qualche momento la sua esperienza in carcere,i pensieri le ansie e preoccupazioni vissute in quei giorni a stretto contatto con i detenuti.
    La spontaneità,la trasparenza e la veridicità delle sue parole credo ci abbiano permesso di addentrarci in una realtà sconcertante,nota ancora a pochi,quella delle carceri.
    Al di là del racconto a tratti emozionante di Caterina, le notizie circa i maltrattamenti ,le scarse condizioni igienico-sanitarie,i casi di suicidio a quanto pare non trovano solo posto nel carcere di Rebibbia,ma in moltissime carceri italiane.
    Navigando sul web ho trovato sul sito: http://milocca.wordpress.com/2010/07/21/carceri2-le%C2%A0celle%C2%A0scoppiano%E2%80%A6/ articoli interessanti inerenti alla denuncia sentita ai maltrattamenti nelle carceri siciliane.
    Riporto alcuni stralci dell’articolo che più degli altri mi ha indotto a riflettere.

    Palermo. Il carcere Ucciardone è «un carcere completamente illegale e penso che la Asl non ci abbia mai messo piede. I detenuti sono costretti a vivere in celle piccolissime con il cesso, e non dico apposta wc, a vista, quindi con ogni violazione della privacy. Un posto indegno di un paese civile. Ecco perché parlerei di veri e propri maltrattamenti e di torture e mi assumo la responsabilità di ciò che dico»

    A parlare è la deputata radicale Rita Bernardini,la quale denuncia condizioni di vita indegne per i detenuti.
    Quante persone oltre ad assumersi la responsabilità di ciò che dicono, con la stessa forza ed entusiasmo materializzano le loro parole,mettono in atto reali interventi? Poche,pochissime forse perché coloro che per essere in carcere piccolo o grande che sia un reato l’hanno pur sempre commesso e pertanto è giusto che marciscano in carcere in queste condizioni?
    Lo Stato legifera,condanna i colpevoli ma in questo modo ,secondo le modalità denunciate priva gli uomini della loro stessa dignità.
    Enti pubblici e privati rispondono alle esigenze di un sistema ormai collaudato che non si fa garante per i cittadini figurarsi per coloro i quali hanno cercato di sovvertire gli ordini esistenti.

    Ciò vuol dire che ci saranno sempre e ovunque detenuti(…)costretti a convivere con sporcizia, topi, scarafaggi e insetti , a vivere in celle in cui non funziona lo scarico dei bagni, funzionano soltanto due docce su sette e sono in condizioni pietose, praticamente «grotte con le stalattiti». Per non parlare dei piatti della cella: «Sono vomitevoli». E per 700 detenuti c’è solo un solo medico e un infermiere.

    Concludo dicendo che ignota anche a me era questa realtà. Incredulità,sconcerto e turbamento sono i sentimenti che adesso provo nel leggere articoli come questo.
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    8BIS. lab. 31 marzo IL DISABILE IN CARCERE CATERINA (FACOLTATIVO) - Pagina 10 Empty EDUCARE IN CARCERE

    Messaggio  Maddalena Antignano Mar Apr 26, 2011 11:00 am

    In questo laboratorio abbiamo trattato diversi temi partendo sempre dalla figura del disabile oggetto principale del nostro corso,in questo però ci interessiamo ad esso nell'ambito rieducativo e quondi del carcere.
    Per far si che tutti possano vivere in una società sana bisogna considerare la regola un principio di base per l'ordine sociale,la giustizia infatti non può funzionare se i cittadini non comprendono il perchè delle regole,bisogna andare oltre il rispetto delle leggi quindi per vivere in una società corretta.Oggi dopo diverse situazioni negative che hanno trasformato la nostra società siamo arrovati ad avere un rapporto malato con le istituzioni dimenticando ilo nostro stesso compito...noi essendo conunità dobbiamo prenderci cura della comunità quindisi un reciproco prendersi cura dell'altro!!!
    Educare significa:
    -non imporre regole
    -crescere insieme nel rispetto e nel dialogo
    Educre alla legalità significa:
    -promuovere le qualità del singolo
    -valorizzare le capacità di ognuno
    QUINDI BISOGNA
    CONOSCERE-SENTIRE-COMPRENDERE
    LE REGOLE!!!!
    Caterina nel raccontare ci ha offerto una chiara spiegazione della realtà che si è trovata a vivere condizioni igenico-sanitarie scarsissime,sovraffollmento smisurto delle celle,spazi ristrettissimi,offesa della dignità altrui,suicidi maltrattamenti e tanto orrore ancora destabilizzano l'individuo e secondo me non gli offrono alcun tipo di miglioramento,altro che RIEDUCAZIONE in queste circostanze è già tanto se si esce vivi dal carcere! Twisted Evil No
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    Messaggio  natale camilla85 Mar Apr 26, 2011 6:14 pm

    In aula Caterina ha raccontato la sua esperienza di educatrice presso il carcere di Rebibbia.
    Ci ha fatto presente che la situazione di vita dei detenuti non è delle pìù facili;ancora pìù difficile è la condizione dei disabili,costretti a muoversi su delle carozzine in spazi ristretti.Aggiungiamo che hanno bisogno dell'aiuto dei propri compagni di cella per svolgere tutte le azioni quotidiane.
    Noi educatori,da parte nostra,possiamo solo cercare di svolgere al meglio il nostro lavoro sostenendo queste persone bisognose,rieducandole e aiutandole ad rinserirsi nella società che lì aspetta fuori da quelle mura"strette"del carcere.














































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    Messaggio  Marta Mascioli Mar Apr 26, 2011 6:50 pm

    Sposto messaggio luisaverde il Gio Apr 21, 2011 6:12 pm
    Oggi in aula mi sono resa conto di quanta poca sensibilità ci sia nei confronti dei detenuti.Ho ascoltato dicorsi di ragazze che addiritura avrebbero dato la pena di morte a queste persone.Certamente io non giustufico ne difendo i detenuti anche perchè a volte si macchiano di crimini veramente disumani,però non bisogna fare di tutt'un erba un fascio.Difatti credo che il carcere debba consentire il recupero del detenuto e questo può avvenire solo educandolo al rispetto e ciò avvine solo dando l'esempio e questo comprende anche il fatto di non calpestare la dignità altrui ma di comprendere chi ci stà di fronte e non giudicare ma di porgere una mano a chi ne ha bisogno.
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    Messaggio  annaparisi Gio Apr 28, 2011 8:44 pm

    L’intervento di Caterina, giovane educatrice nel carcere di Rebibbia, è stato molto interessante ed ha reso particolare la lezione. Ci ha aperto gli occhi su una realtà tanto vicina a noi per il nostro scopo di educatori, ma tanto distante dalla nostra concezione di carcere. Personalmente ho sempre pensato che chi compie qualche reato, soprattutto di fronte a reati gravi come omicidio, stupro e abuso sui minori, è giusto che paghi e che la sua vita in carcere non debba essere così tanto comoda ed agiata, ma con le slide che ci ha mostrato Caterina mi sono in parte ricreduta. E’ vero che se hanno sbagliato è giusto che scontino la propria pena, ma le condizioni in cui questi detenuti, in moltissimi penitenziari italiani, sono costretti a vivere, sono oggettivamente degradanti. Celle superaffollate, scarsissime condizioni igienico-sanitarie vicine al disumano. Persone con disabilità gravi e non, piccole o grandi, temporanee o permanenti che per ragioni di spazio e per le numerose barriere architettoniche presenti fisicamente all'interno di tutte le strutture dislocate sul territorio nazionale, sono costrette a vivere allettate, detenuti affetti da piccoli problemi di salute che si aggravano, permangono ed infine degenerano per l’inesistente assistenza medica. In Italia affermare che il carcere sia solo una privazione della libertà è falso oggi più che mai. La persona in carcere subisce una serie di afflizioni dove vengono violati anche i più elementari diritti umani: quindi non si tratta più di un mero “sequestro e controllo del corpo” (foucaultianamente inteso) fino a pena scontata, ma di vero e proprio furto di dignità e di identità umana che subiscono ogni giorno questi detenuti restituendoli alla società dopo molto tempo privi di un qualsiasi orizzonte e progetto personale di lavoro e di vita. Vengono meno i fini ultimi del carcere inteso come ri/educazione e re/inserire nel tessuto sociale d'origine, così come le leggi più recenti recitano; com'è ora il carcere non rieduca, non redime e non dà speranze. E’ILLEGALE!
    Concludo dicendo: “Onore a persone come Caterina che nel loro piccolo si espongono e fanno denuncia con la speranza che qualcuno LASSU’ riesca a trovare rapidi ed efficaci soluzioni per consentire un po’ di VITA ai 75.000 detenuti italiani con particolare attenzione a quelli portatori di disabilità".
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    Messaggio  annaparisi Gio Apr 28, 2011 9:10 pm

    Per quanto riguarda l'emergenza dei suicidi nelle case di detenzione:
    1. canzone di De Andrè "LA BALLATA DI MICHE'", un detenuto morto suicida: https://www.youtube.com/watch?v=cBgsBR6rOVs
    2. servizio giornalistico con molti dati statistici: https://www.youtube.com/watch?v=Zf-gZV0tDSg&feature=related

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    Messaggio  altieri carmela Gio Apr 28, 2011 9:49 pm

    Lavorare come educatrice in carcere mi ha sempre destato una certa curiosità , nel senso che ho scelto questo corso di laurea perché ho voluto ,consapevolmente scegliere un percorso che possa darmi in futuro un lavoro che voglia dire vita,sacrificio,soddisfazione .Quella del carcere quindi,non la escluderei come esperienza futura anche se il racconto di Caterina mi ha lasciato senza parole. Alcune cose le conoscevo perché tempo fa il parroco della mia chiesa ci raccontò del degrado che sono costretti a subire i detenuti e di alcune delle necessità di questi ragazzi e facemmo anche una raccolta di materiali. L'essere privato di quelle che sono le necessità primarie è assurdo, è come se un coltello colpisse nella tua dignità...in questo corso mi sono realmente resa conto di come vanno male le cose e di come non si faccia nulla per cambiarle queste cose. I disabili chiaramente e come al solito hanno la peggio e questo clima di rassegnazione è molto fastidioso. Bisogna lottare per i diritti delle persone più deboli che in maniera trasversale sono anche i nostri,non bisogna mai arrendersi nel voler costruire una realtà migliore. GRAZIE CATERINA PER AVERCI RACCONTATO LA TUA ESPERIENZA.
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    8BIS. lab. 31 marzo IL DISABILE IN CARCERE CATERINA (FACOLTATIVO) - Pagina 10 Empty Una dignità negata

    Messaggio  Caterina Vettolieri Ven Apr 29, 2011 12:18 am

    Il racconto di Caterina sulla sua esperienza da educatrice nel carcere di Rebibbia, è stato un racconto molto toccante! raccontare delle condizioni in cui queste persone si ritrovano a vivere ogni giorno in modo disumano è stata la cosa che più mi ha colpita!persone costrette a vivere in celle sporche e strette!addirittura in una cella ci sono sette persone!
    Per le person disabili la situazione è ancora più grave, poichè si ritrovano ad affrontare delle grandi barrierre architettoniche e sono costretti ad essere aiutati dal compagno di cella!
    Una dignità negata a queste persone,che magari vogliono "ripagare" dell'errore commesso, ma che purtroppo non viene data loro un'altra opportunità, perchè spesso devono portare il peso di essere "etichettati" per tutta la vita e questo a mio parere non è per niente giusto perchè chiunque merita di avere nella vita un'altra opportunità!
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    8BIS. lab. 31 marzo IL DISABILE IN CARCERE CATERINA (FACOLTATIVO) - Pagina 10 Empty Re: 8BIS. lab. 31 marzo IL DISABILE IN CARCERE CATERINA (FACOLTATIVO)

    Messaggio  Sara Palumbo Ven Apr 29, 2011 12:34 am

    La testimonianza di Caterina è stata davvero forte.E' davvero umiliante sapere che un disabile in un penitenziario,in questo caso il carcere di Rebibbia, viva in condizioni disastrose,Caterina ci ha raccontanto che le celle magari di 3 metri quadri vi ci dovevano stare in 6,che più di due rotoli di carta igienica in un mese nn potevano avere,ciò comporta che se dovesse mai esserci un'emerzenza o il disabile deve farne a meno oppure chiedere ai suoi compagni di cella!
    Questo carcere è addirittura a piani,ciò significa formito di scalinate,ora mi domando,come può un disabile vivere in queste condizioni,ma soprattutto come deve sentirsi?!Si sta veramente arrivando all'indecenza!Possibile che egli debba perdera la propria dignità?!
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    Messaggio  teresa lunario Sab Apr 30, 2011 10:42 am

    Durante la lezione del 31 marzo con l'intervento di Caterina, una ragazza che lavora come educatrice nel carcere di Rebibbia, affrontando il problema delle carceri e delle condizioni in cui sono costretti a vivere le persone disabili e non, la mia prima impressione è stata quella di pensare da persona comune e non da educatrice. Riflettendo sul lavoro che in un futuro dovrò affrontare, ho riscontrato che non bisogna giudicare, ma soltanto rieducare coloro che hanno commesso un reato, preparandoli ad una nuova vita. Ma resto comunque dell'idea che disabili o non, debbano "pagare" la giusta pena, e per quanto riguarda le strutture esse dovrebbero adeguarsi alla disabilità della persona.

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