Stefania Lamberti Gio Apr 28, 2011 5:08 pm
Tra tutti gli interventi di oggi, ciascuno a suo modo molto interessante e degno di lode perchè mettersi in gioco dinanzi ad un'intera classe non è facile, ho scelto di commentare quello di Maria Carmen Scuotto, quello di Fabrizia e quello di Ivana. "Cecità", il romanzo di Saramago scelto da Maria Carmen, è un libro molto interessante. Saramago utilizza la cecità come metafora per raccontare gli esseri umani che vivono in un un mondo di cui non vedono gli orrori e le brutture quotidiane, quasi che fossero realmente ciechi. Quest'aspetto del libro è stato ben sottolineato da Maria Carmen, che ha infatti posto l'accento sull'acuirsi dell'istintualità in mancanza della vista. Inoltre mi è piaciuto molto il motivo per il quale Maria Carmen ha scelto di intervenire durante la lezione: rendersi conto di avere un limite, nel suo caso appunto la paura di parlare in pubblico, e quindi decidere di superarlo, è un atteggiamento degno di lode. Credo che attraverso il suo intervento di oggi Maria Carmen sia riuscita a superare questo limite. Ringrazio Ivana perchè mi ha fatto scoprire una malattia che non conoscevo. Il suo racconto preciso ed emozionato delle difficoltà che vivono le bambine affette dalla sindrome di Rett ed il suo impegno nel raccogliere fondi per un'associazione che si occupa di questi piccoli malati mi hanno scaldato il cuore. Poi, come ho accennato all'inizio, mi è piaciuto molto l'intervento di Fabrizia. Il suo modo di presentare il libro "Un amico come Henry" mi ha affascinata sin dalle prime parole. Le difficoltà quotidiane di una madre di due bambini autistici e il felice epilogo mi hanno dimostrato, ancora una volta, quanto sia fondamentale riuscire ad instaurare delle relazioni positive durante la propria vita. La relazione del bambino con il cane Henry, la sua crescita emotiva personale attraverso la cura del suo cane, hanno stimolato in me ulteriori riflessioni sull'importanza delle relazioni. Dalla prima, fondamentale relazione, che è quella con sè stessi ed è il prodromo della socratica 'Cura sui', quel 'sapersi prendere cura di sè' che appunto consente di conoscersi, di migliorarsi, di sapersi ascoltare e quindi di saper entrare in contatto con gli altri, percependone i reali bisogni. Credo che questo sia uno degli aspetti che mi interessa di più in assoluto: mi affascina scoprire come e quanto le relazioni, siano esse tra genitori e figli o all'interno del gruppo dei pari o tra docente e insegnante, possono influenzare in positivo o in negativo la vita di una persona. Come ben illustra Andreoli ne "La vita digitale", l'uomo può essere considerato come un nodo di una rete relazionale. La vita è relazione ed ogni relazione è un'occasione di formazione bilatetrale, perchè si dà e si riceve al tempo stesso. Andreoli scrive: "Il bisogno dell'altro è una condizione esistenziale: stare al mondo significa poter appartenere ad altri che stanno nel mondo". Anche nel libro "Nozioni introduttive di Pedagogia della Disabilità" l'importanza della relazione educativa per le persone con disabilità occupa un ruolo centrale: qualsiasi esperienza della vita è anche educativa ed è fondata su un legame affettivo, rappresentato dallo scambio di emozioni tra due persone, ma per poter scambiare emozioni con chicchesia dobbiamo prima conoscere noi stessi e le nostre emozioni. Ed è proprio di questa dimensione emozionale che la vita virtuale ci priva. Lo schermo di un pc non ci consente di sviluppare la capacità di imparare a leggere sul volto degli altri le emozioni che si agitano nel loro animo e quindi prevedere le loro azioni future. Gli emoticon che le persone al pc pubblicano sono solo lo stato d'animo che le persone vogliono comunicare, non quello che le loro espressioni facciali o il tono della loro voce avrebbero comunicato in una situazione dal vivo, indipendentemente dalla loro volontà. Il linguaggio delle emozioni, il cosidetto 'linguaggio non verbale' o 'linguaggio del corpo' è comune a tutti gli esseri umani, anche ai non alfabetizzati, sin dai primi mesi di vita: l'universalità di questa 'lingua delle emozioni' credo ne dimostri l'importanza. Alla base di una relazione educativa vi è la volontà di predisporsi all'ascolto dell'altro, alla comprensione delle sue parole ma anche dei suoi silenzi: la competenza emotiva di cui si parla in psicologia dello sviluppo, insieme a quella intellettuale, ci consente di vivere in mezzo agli altri. Ma il valore dell'empatia non è praticabile attraverso lo schermo di un computer. Alla luce dell'importanza dei legami tra gli uomini, condivido totalmente l'invito a rispettare gli altri che Fabrizia ha rivolto alla classe: è solo rispettando gli altri che possiamo chiedere di essere rispettati. E dobbiamo imparare a capire, me per prima, che se una relazione positiva può avere effetti salvifici sulle persone coinvolte noi tutti abbiamo una grande responsabilità, prima come persone e poi, ma solo poi, come educatori. Anche la conclusione di Fabrizia, che ha fatto riferimento ai tanti episodi di sopraffazione che si verificano anche all'interno dell'università, dimostra quanto sia difficile mettere in pratica quello che si riesce a mettere facilmente sulla carta. Con le parole siamo tutti bravi, buoni, comprensibili e altruisti, me compresa, mentre nella vita reale continuiamo ad innaffiare il nostro orticello, spesso senza cercare neanche di capire realmente chi ci sta accanto. Parlare di rispetto è come parlare di una chimera.
Per concludere, dagli interventi di oggi è emerso che ci si può avvicinare alla disabilità attraverso la lettura di un romanzo e credo che questo sia molto importante: gli scrittori possono sensibilizzare l'opinione pubblica su temi che, anche se non ci riguardano da vicino, è importante conoscere. La lettura di un libro universitario, infatti, spesso può essere ostica, mentre leggere un romanzo è un esercizio di impersonificazione molto utile e quasi involontario.
Ultima modifica di Stefania Lamberti il Ven Apr 29, 2011 12:45 am - modificato 4 volte.