Daiana Marotta Ven Mag 13, 2011 10:16 am
Una persona famosa, ricca, con un lavoro appagante, spensierato, con dei figli, in cinque minuti, si ritrova in un letto di ospedale paralizzato dalla testa ai piedi con un solo occhio e un unico desiderio: Morire.
La situazione in cui si è ritrovato ha totalmente cambiato la sua vita, lasciandogli come unico “regalo” la sindrome locked-in, lasciandogli come unico mezzo di comunicazione con il mondo il battito della palpebra sinistra. Il protagonista è il direttore della famosa rivista “Elle”, Jean-Dominique Bauby.
Ma in questo momento non ci interessa tanto la storia del film, bensì ci interessano le sensazioni e le emozioni particolari provate dai vari personaggi.
Il primo commento appena finito il film, ha riguardato il cambiamento del protagonista dall’inizio della malattia e come si è poi riuscito a riprendere non abbandonando mai la voglia di andare avanti.
Appena si sveglia e si ritrova nel letto di ospedale, con i dottori che lo studiano. Credo abbia provato una sensazione di totale smarrimento, non ricordando cosa è successo, con flash improvvisi di avvenimenti passati, parla…ma solo dopo un po’ si rende conto che non lo sente nessuno, è tutto paralizzato, non può muovere una virgola del suo corpo tranne una palpebra.
Quando il dottore chiede: “Cosa vuole Mr. Bauby?”
La risposta è un netto: “Voglio morire”.
Durante la malattia invece, decide di non compiangersi mai più, infatti afferma:”Ho l’immaginazione e la memoria, posso evadere dal mio scafandro!”
E’ qui che decidere di scrivere il suo libro autobiografico che verrà pubblicato e a soli dieci giorni dalla pubblicazione, morirà.
Quest’uomo per sopravvivere si è attaccato all’uomo che è in lui e con l’aiuto di persone in gamba, piene di dedizione e amore per il prossimo è riuscito a non abbandonarsi alla morte come aveva deciso appena sveglio.
In tutto il film, la scena che mi ha colpito di più è questa che ho riportato sotto, non tanto le immagini piuttosto le profonde parole. E’ stata una sensazione claustrofobica, essere imprigionati nel proprio corpo e non poterlo più dirigere e comandare, ritrovarsi invece a essere governati dal corpo fermo e “morto” stesso.
-Voi conoscete già la trama e l’ambientazione. La stanza d’ospedale dove il signor L., padre di famiglie nel vigore degli anni impara a vivere con la sindrome locked-in, in seguito ad un grave incidente vascolare. Ambizioso e piuttosto cinico, risparmiato fino ad allora dalla sorte, il signor L comincia il suo apprendistato alla scuola della disperazione. Si potrà seguire questa lenta mutazione grazie ad una voce fuoricampo che riproduce il monologo interiore del signor L.
Ho già in mente l’ultima scena: è notte, d’un tratto inerte il signor L. da quando si è alzato il sipario toglie lenzuola e coperte, salta giù dal letto, fa il giro della scena in una luce irreale, poi si fa buio e si sente un’ultima volta la voce interiore del signor L.: “Cazzo è un sogno!”.-
In riferimento ai suoi due figli:
"IO, IL LORO PADRE, NON HO PIU' IL SEMPLICE DIRITTO DI PASSAR LORO LA MIA MANO TRA I CAPELLI, DI STRINGERE I LORO PICCOLI CORPI, CIO' NONOSTANTE MI RIEMPIE DI GIOIA VEDERLI RIDERE!"
Resiliente?! Bhè direi che è la massima espressione del "resiliente perfetto!"